Ripresa senza lavoro


Di Carlo Pelanda (24-12-2013)


Possiamo essere ottimisti per il futuro dell’economia? Sul piano dei numeri aggregati possiamo esserlo: il Pil 2014 è proiettato tra un minimo dello 0,4% ad un massimo vicino all’1%. Dopo due anni di recessione, oltre il -2% nel 2012 e circa il -1,8% nel 2013, una pur minima ripresa è una buona notizia. Ma una crescita economica così minima e lenta non contrasterà gli strascichi della recessione sul piano dell’occupazione. Infatti la disoccupazione è prevista salire oltre il 12% attuale (dati Istat) fino a metà 2014, ma il suo riassorbimento durerà almeno 4-5 anni, forse di più. Il punto tecnico: da un lato, è tipico che dopo ogni recessione la ripresa dell’occupazione segua con un anno o due di ritardo perché le imprese sfruttano tutto il potenziale di capacità esistente prima di tornare ad assumere, ma dall’altro la lentezza di questo processo prevista in Italia è un fattore di destabilizzazione sistemica. Pertanto alla fine della recessione non corrisponderà una vera ripresa stabilizzante. Il governo ha ombreggiato questo fatto, comunicando con certo trionfalismo la fine dei tempi bui. E’ un atteggiamento comprensibile, ma diviene inaccettabile se preso come scusa per non attivare una politica economica d’emergenza che stimoli una ripresa più robusta ed accelerata e che contenga misure straordinarie di sostegno all’occupazione. Per questo preciso motivo ritengo inaccettabile e pericolosa l’impostazione della legge di stabilità, cioè la Finanziaria 2014: poiché c’è ripresa si può mantenere il modello economico che c’è senza cambiamenti che metterebbero in difficoltà i delicati equilibri politici del momento, in particolare sul lato sinistro della maggioranza. Infatti l’attivazione di politiche economiche e pro-occupazione d’emergenza scardinerebbe l’attuale sistema di norme relative al lavoro e dintorni. Per esempio: (a) invece della cassa integrazione si potrebbe, con gli stessi soldi, fornire un salario pubblico temporaneo ed una programma di formazione riqualificante ai senza lavoro, lasciando al contempo più libere le imprese di aggiustarsi; (b) per i giovani disoccupati potrebbe essere attivato un contratto speciale e temporaneo (5 anni) senza oneri previdenziali e totalmente flessibile, in deroga. Ma queste misure implicano modifiche normative che sindacati e sinistra, in particolare, non sono pronti ad accettare. Quindi per difendere la stabilità politica dell’attuale maggioranza si lascia che la società italiana corra il rischio, già evidente, di impoverimento di massa e conseguente destabilizzazione. Auguro a tutti noi che la politica trovi la luce.

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