Sul ciglio del burrone


Di Carlo Pelanda (2-4-2013)


E’ importante chiarire lo scenario nel caso l’Italia perdesse la fiducia dei mercati per eccesso di disordine politico. I compratori diserterebbero le aste di rifinanziamento del debito pubblico italiano oppure chiederebbero rendimenti (premio di rischio) talmente elevati da rendere insostenibili le emissioni. Le banche italiane non potrebbero sostituirli sia per mancanza di capacità sia per non importare il rischio di perdita di valore dei titoli nei loro bilanci già in tensione. Roma, per evitare di dichiarare l’incapacità di ripagare il debito e cadere nel disastro dell’insolvenza, dovrebbe chiedere l’intervento del meccanismo salvastati europeo (Esm). In tale programma la Bce diventerebbe il garante del debito, ma alla condizione di poter controllare in dettaglio la politica economica e di bilancio italiana E se il governo o il Parlamento si ribellassero, allora Bce e Esm dovrebbero sospendere l’aiuto lasciando l’Italia alle proprie sorti. Queste sarebbero catastrofiche per la nazione e, probabilmente, per l’Eurozona stessa. Per tale motivo è improbabile che, a ridosso del burrone, la politica si prenderebbe la responsabilità del caos. Così scatterebbe la condizionalità esterna in cambio del salvataggio. L’intervento europeo a Cipro è stato una sorta di test, imposto dalla dominanza tedesca nella governance dell’Eurozona e della Ue, per il caso italiano. Gli elettori tedeschi mai accetterebbero un salvataggio dell’Italia con soldi loro. Quindi una delle condizioni sarebbe certamente il prelievo forzato dai conti correnti allo scopo di raccogliere liquidità d’emergenza nazionale per tamponare il problema. Tale cifra potrebbe essere usata per riequilibrare il deficit, ma, soprattutto, per ridurre un’aliquota assoluta del debito complessivo. Si potrebbe arrivare a 200 miliardi. Da un lato, tale misura, combinata con la garanzia Bce, chiuderebbe temporaneamente la crisi di insolvenza e probabilmente ridurrebbe di molto lo spread. Dall’altro, il prelievo forzato minerebbe per lungo tempo la fiducia del mondo e degli italiani sul sistema bancario e finanziario italiani, desertificandoli. In conclusione, l’Italia sta rischiando di dover ricorrere ad un salvataggio che per evitare l’insolvenza nel breve termine le toglierà la sovranità economica e de-capitalizzerà il mercato nazionale, fatto a cui seguirebbe un declino irreversibile. La priorità di rimettere in ordine la politica, pur con azioni anomale come quella decisa dal Quirinale, è dettata da quella di evitare la catastrofe qui delineata.

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