Il controllo etico della politica fiscale è una priorità


Di Carlo Pelanda (13-8-2013)


C’è una questione etica: può lo Stato richiedere più tasse ai cittadini senza fornire la certezza che ogni spesa corrente sia assolutamente necessaria? Da un lato, le motivazioni di spesa pubblica e politica fiscale, in democrazia, sono regolate da maggioranze politiche e non da criteri astratti: se un governo decide che una determinata spesa sia necessaria, tale decisione dipende da una verità politica e non tecnica o etica. Dall’altro, possiamo rinunciare alla regolazione della politica attraverso criteri etici, questi intesi come buon senso comune? No, ovviamente. In questi giorni, dopo aver visto una coppia di anziani umiliarsi per poter mangiare perché con pensioni insufficienti, mi è venuto naturale chiedermi se tutte le persone che lavorano in impieghi finanziati con denaro fiscale siano assolutamente necessari. Qualora non lo fossero dovremmo considerare un’agghiacciante realtà: per finanziare la spesa pubblica inutile lo Stato paga pensioni sotto la soglia di sopravvivenza per una parte della popolazione che non ha più l’età per bilanciare quanto manca con attivismo economico. Qui il punto non è quello di stimare a naso quanta spesa inutile ci sia, ma quello di forzare lo Stato a fare questa valutazione, fornendo due dati: (a) la certificazione che la spesa pubblica sia regolata da criteri di “pratica migliore”, cioè che non c’è altro modo per fare una cosa a minor costo e buona qualità dopo averlo cercato; (b) che tutta la spesa è utile, pur in base a criteri relativi alla determinazione di una maggioranza politica. Si pensi ai pasti per ospedalizzati che costano in alcune aree circa 60 euro mentre il loro costo in altre è dieci volte inferiore. Si pensi che qualche giorno fa lo Stato ha scoperto di non avere un censimento delle partecipazioni ad aziende nazionali e locali e relativi costi. Si pensi ora al governo che valuta difficile evitare l’Imu e l’aumento dell’Iva perché “non ci sono i soldi”. Compariamo tale affermazione con il dato dei pasti pagati con denaro fiscale che costano dieci volte di più, e tanti altri dati simili: c’è una plateale contraddizione perché i soldi ci sarebbero in forma di risparmio di spesa pubblica se questa fosse sottoposta a criteri di pratica migliore ed utilità. Prima di alzare le tasse, e dichiarare che i soldi non ci sono, il governo dovrebbe controllare quanti risparmi di spesa siano possibili. Senza tale dato – cioè una “revisione della spesa” fatta bene - l’applicazione dell’Imu e di eventuali nuove tasse sarebbe disetico, cioè sostanzialmente, anche se non formalmente, illegittimo.

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