Il caos politico ha un costo enorme


Di Carlo Pelanda (1-10-2013)

Valutiamo il costo dell’instabilità politica. L’impatto dell’aumento dell’Iva dal 21% al 22%, dovuto alla mancanza di un provvedimento alternativo, avrà un effetto depressivo sui consumi già colpiti dalla lunga recessione: una prima stima porta a valutarlo come una riduzione del Pil potenziale 2014 tra lo 0,4% e lo 0,2%, più o meno a seconda del grado di fiducia delle famiglie e di ulteriori drenaggi fiscali. Questo “zero virgola” è rilevante per un sistema economico la cui miglior crescita possibile nel 2014 è stimata nello 0,7% del Pil. Se poi verrà aggiunto un incremento delle tasse per far rientrare i conti pubblici 2013 e 2014 entro il limite di deficit del 3% del Pil, imposto dalle regole europee, allora è probabile che l’Italia resti in recessione anche nel prossimo anno. Ma se entro il 15 ottobre un qualche governo non presenterà il bilancio 2014 alla Commissione europea, mostrando come coprirà uno sfondamento della soglia di deficit ora stimabile attorno allo 0,3% (circa 4,5 miliardi), allora la UE dovrà rimettere l’Italia in procedura di infrazione, il cui costo può essere valutato in circa 10 miliardi annui. In sintesi, il costo dell’attuale disordine politico è definibile come un rinvio del momento di inversione tra recessione e ripresa, in atto proprio in questi giorni, ed un aumento della probabilità che l’Italia resterà in recessione, nel 2014. Tale probabilità, pur solo ipotesi, è rilevante in quanto porterà le agenzie di rating, cioè quello che valutano la capacità di una nazione di ripagare il debito, a declassare ulteriormente l’affidabilità dell’Italia. I metodi di tale agenzie sono criticati. Ma gli attori di mercato ne tengono conto. E quelli che comprano titoli di debito nelle aste di rifinanziamento pretenderanno un maggior premio di rischio per comprare bond italiani a fronte di un declassamento. Il costo diretto aggiuntivo per il bilancio pubblico potrebbe essere tra gli 8 ed i 12 miliardi annui. Quello indiretto, sistemico, va calcolato considerando che il peggioramento del voto di affidabilità di uno Stato si ripercuote sui costi di raccolta dei finanziamenti di banche ed imprese, aumentandoli. Ciò riduce i margini di profitto delle imprese e la propensione ad investire, con impatto sull’occupazione, nonché aumenta i costi del credito e ne riduce la quantità. Tale danno indiretto può essere stimato in circa 25 miliardi annui di ricchezza nazionale in meno. In conclusione, il costo complessivo dell’instabilità politica, proiettato da qui a fine 2014, è stimabile in circa 45 miliardi, quasi il 3% del Pil.

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