L’industria
finanziaria ha bisogno di regole espansive e non punitive
Di
Carlo Pelanda (15-9-2009)
A metà
settembre 2008 fallì Lehman Brothers.
L’impatto simbolico fu tale da creare una crisi di fiducia totale nel mercato globale, che precipitò. Dal marzo 2009 l’economia mondiale è
in ripresa. Ora è possibile analizzare con freddezza la storia della crisi,
ripulirla dai miti, ed usarla come lezione per il futuro.
Che la crisi
finanziaria sia nata per eccesso di finanziarizzazione
dell’economia e avidità dei banchieri è il mito più
importante da smontare. Il cataclisma iniziò alla fine del 2006 in America
perchè si incrociarono tre fattori: (a) la
legislazione populista statunitense, in particolare dal 1997, che permette ad un povero di comprare una casa
accedendo ad un mutuo facilitato, senza garanzie, invece di assisterlo con
edilizia pubblica; (b) la mancata regolazione del sistema finanziario da parte
della politica, con la complicazione della nuova legge bancaria statunitense
del 1999 che permetteva di spostare il risparmio in speculazioni acrobatiche e
senza controllo; (c) il rialzo del costo del denaro a causa del picco inatteso
di inflazione che rese insostenibili per molti americani le rate a tasso
variabile dei mutui. Le insolvenze contaminarono i prodotti finanziari
sintetici con alla base i mutui e ciò fece crollare la
fiducia anche sul resto del ciclo finanziario globale congelandone le
operazioni. La liquidità cominciò a mancare. Nell’estate del 2007 le banche
centrali iniziarono a compensarne la mancanza con erogazioni d’emergenza. Ma
ciò finanziò la crisi e non la soluzione. Il mercato finanziario restava
bloccato, le banche restie a ricostruire i patrimoni e ripulire i bilanci, la Riserva federale senza
poteri per costringerle, il governo, troppo influenzato da interessi privati,
indeciso nel dargliele. Nel settembre 2008 Lehman Brothers fu lasciata fallire, probabilmente, per dare il
segnale che così non si poteva andare avanti. In questa storia, pur
semplificata, si trova facilmente che il colpevole
principale è il sistema politico statunitense sia incapace di fare il mestiere
di regolatore stando dietro alle innovazioni della finanza sia ammalato di
populismo economico. Gli enti che erogarono e finanziarizzarono la gran parte dei mutui insolventi furono
le agenzie di fatto governative Freddie Mac a Fannie Mae.
L’industria finanziaria non regolata, ovviamente, divenne più acrobatica e predatoria per motivi di concorrenza. Ma
la colpa principale è stata della politica. Anche in
Europa. Le banche europee saltarono o andarono in crisi di liquidità per il
rapporto sbilanciato tra patrimonio e operazioni a debito, sintomo evidente di
una colpevole mancata regolazione. La finanziarizzazione
è come la tecnologia nucleare. Se controllata produce
tanta energia pulita a basso costo, se non lo è diviene distruttiva.
Probabilmente la demonizzazione dell’industria finanziaria deriva dalla paura
dei politici di farsi imputare di incompetenza e
conseguente necessità di trovare un capro espiatorio altrove, anche contando
sulla mancata conoscenza della tecnica finanziaria da parte della popolazione.
Questo punto è critico per il futuro. La finanza supersintetica permette di
rendere il capitale abbondante per l’economia reale. Va regolata non per
comprimerla o per punirla, ma per darle basi di certezza utili a reggere
l’espansione del suo ciclo tecnico. Se la regolazione sarà
restrittiva e non espansiva mancherà nel mondo circa 1/3 del capitale
finanziario necessario alla ripresa e questa si trasformerà in lunga stagnazione
con impatto negativo anche sull’Italia. Per evitarlo va fatto un
chiarimento pubblico urgente sui punti qui detti.
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