L’utilità di una strategia secolarizzante per l’Islam


Di Carlo Pelanda (8-4-2016)


Macroscenario per l’area islamica. Ha rilievo cominciare a impostarlo per capire come organizzare in modo produttivo una massa di un miliardo e mezzo circa di persone, per lo più in (semi)povertà e quindi interessanti per il potenziale di futuro sviluppo e contributo alla domanda globale, e per ridurre i problemi di sicurezza. Lo spiritualismo islamico, concausa primaria dell’arretratezza tecnica e civile delle nazioni dove prevale, è vulnerabile alla secolarizzazione come qualsiasi altra religione: la cultura materiale non elimina necessariamente le credenze, ma mette in priorità la salvazione pratica in terra su quella differita in cielo indebolendo i tratti fondamentalisti della seconda. Le prove di tale fenomeno sono evidenti. Pertanto la questione islamica nel pianeta è suscettibile di soluzione sistemica attraverso la trasformazione dei poveri in ricchi. Questa banalità va segnalata perché nella descrizione della questione islamica c’è una tendenza a considerarla perenne. Invece è trasformabile. Tale considerazione porta a una strategia di facilitazione della secolarizzazione incrociata con quelle di equilibrio geopolitico. Esempi. Lo scontro tra Iran sciita e Arabia sunnita tende a conservare le identità settarie e a diffonderle come strumento di guerra indiretta. Un compromesso tra le due nazioni, o una tregua lunga, ridurrebbe l’impiego della religione per fini politici e darebbe più spazio all’economia e alle sue conseguenze secolarizzanti. L’Iran vuole lo status di potenza regionale, i sauditi ne vogliono limitare il raggio. I sauditi hanno inizialmente tentato di contenere l’Iran in modi duri, per esempio la creazione del Califfato sunnita e la caduta del prezzo del petrolio, ma questi si sono rivelati controproducenti. Ora la direzione storica rende possibile un compromesso tra i due e le diplomazie occidentali dovrebbero premere per la sua realizzazione, non solo pensando a una stabilizzazione via congelamento del conflitto, ma anche per scopi di futura secolarizzazione dell’area. Per le comunità islamiche in Europa va favorita la dispersione della popolazione, l’educazione secolarizzata che produce auto-assimilazione e rende inutile l’ambiguo multiculturalismo. L’accesso alla ricchezza dipende dal modello economico generale e gli europei dovrebbero riflettere che un modello più liberalizzato, oltre a rendere tutti più ricchi, sarebbe più secolarizzante nei confronti dello spiritualismo. In conclusione, il pensiero strategico debole ha paura dell’Islam, quello forte ne vede la trasformabilità in risorsa futura per il capitalismo.