A Londra non conviene decidere subito


Di Carlo Pelanda (15-7-2016)

Nonostante le affermazioni di Theresa May che promettono l’avvio rapido dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, dubito che Londra lo farà e/o che deciderà velocemente. Tale ipotesi appare ora improbabile, ma non riesco a ignorare, accettando le conseguenze di un errore, un calcolo costi/benefici e uno scenario che le danno, invece, elevata probabilità. Cameron strappò all’Ue, mesi fa, condizioni di eccezionale vantaggio: restare nell’Ue con accesso pieno al suo mercato pur non aderendo al progetto unionista, con il diritto di limitare l’importazione di norme europee. Che la postura “un piede dentro, uno fuori e mani più libere” fosse la più vantaggiosa era ed è vero. Dal 2013 Londra ha inaugurato una nuova strategia mercantilista: sempre alleata dell’America, ma svincolata abbastanza da questa allo scopo di creare una relazione privilegiata con la Cina, restando nel mercato europeo, senza vincoli politici eccessivi, in concorrenza con Berlino per essere considerata da Pechino una base per penetrare l’Europa e globalizzare lo yuan. Il successo di tale strategia varrebbe quasi l’1% di Pil in più all’anno per il Regno Unito in forma sia di investimenti industriali sia di incremento degli affari finanziari. L’uscita dall’Ue, combinata con l’incertezza al riguardo della ri-associazione economica, renderebbe meno appetibile per la Cina una relazione privilegiata con il Regno Unito. E ciò renderebbe Londra anche meno influente in Asia. La convergenza con la Cina, infatti, fu anche una risposta alla formazione dell’area di libero scambio amerocentrica nel Pacifico (Trattato Tpp) che include Canada e Australia più decisamente nel dominio statunitense, rendendo ininfluente Londra sia nel Commonwealth sia negli affari asiatici. Ovviamente Londra potrà riconvergere con l’America, ma subendo danni: Washington sceglierebbe Berlino come interlocutore europeo e New York prenderebbe il dominio della piazza finanziaria. In sintesi, per diventare indipendente da un’Ue in cui ha mani libere, Londra diventerebbe dipendente dall’America e irrilevante. Per questo penso che Londra rifletterà a lungo prima di confermare l’uscita e/o che aspetterà l’esito delle elezioni americane per capire i possibili scenari. In particolare se Washington vorrà spaccare l’Ue per aggregare e dollarizzare le nazioni europee più atlantiche e così far fallire il progetto euroasiatico tedesco-russo-cinese, oppure riprendere il trattato per un mercato euroamericano integrato (Ttip). Nel secondo caso Londra resterebbe, nel primo uscirebbe per facilitare la disgregazione e prendere leadership nel post.