E’ improbabile un esito irrazionale delle elezioni in America


Di Carlo Pelanda (11-3-2016)


I risultati delle primarie statunitensi devono preoccupare il mercato oppure alla fine il voto del prossimo novembre porterà alla Casa Bianca, all’inizio del gennaio 2017, un attore politico razionale? Il dubbio è motivato dall’ampiezza del consenso a offerte politiche estreme in ambedue i partiti principali. Da un lato, nella fase iniziale delle primarie è un fenomeno tipico. Dall’altro, è atipico che il voto di sfogo continui così a lungo dando a candidati apocalittici, quali Trump sul lato repubblicano e Sanders su quello democratico, un potere condizionante rilevante o perfino, per il primo, una chance di ricevere la candidatura. Evidentemente c’è una minore speranza nella classe media di migliorare la propria posizione aderendo a offerte politiche “normali” sia di sinistra sia di destra. Lo stesso fenomeno è visibile in altre democrazie: l’elettorato premia con consenso crescente offerte ed attori politici nazionalisti, protezionisti, ecc. In generale si è ridotto il consenso per la “società aperta”. Di quanto? Le stime mostrano che nelle democrazie resta in solida maggioranza una classe media che tende a premiare offerte e attori razionali, ma divisa tra destra e sinistra centriste, cosa che aumenta l’impatto delle ali estreme crescenti nelle due aree, creando sistemi politici con quattro partiti. Ciò corrisponde al fatto che il modello di capitalismo democratico, in America e in Europa, che ha creato società fatte di 2/3 di abbienti e 1/3 di poveri, resta capace di mantenere questa proporzione, ma non più di fare sperare i poveri che diventeranno ricchi, facendo temere a un numero crescente di abbienti di non poter restare tali. Ciò implica, grossolanamente, una maggioranza attorno al 60% di elettori razionali interessati alla continuità del modello aperto e una minoranza robusta favorevole a discontinuità, per lo più difensive, “chiusiste”, identitarie, ecc. Il sistema elettorale statunitense non facilità l’aggregazione di tale maggioranza fatta da sinistra e destra centriste, lasciando spazio ai discontinuisti in ambedue i partiti. Però, alla fine, la maggioranza dell’elettorato è moderata e benestante e ciò sarà decisivo perché costringerà i candidati a offerte e stili razionali per vincere o provocherà l’emergere a sorpresa di nuove candidature. In conclusione, non c’è, per il momento, un motivo per scontare un impazzimento dell’America. Ma resta sullo sfondo il problema di rilanciare, in tutte le democrazie, la speranza di realizzazione del capitalismo di massa invertendo la tendenza verso quello selettivo.