Contro il 4° Reich
Di Carlo Pelanda (7-7-2010)
Ho un sospetto.
America e Cina hanno convinto la Germania a far risalire il cambio dell’euro per
mantenere il vantaggio della svalutazione competitiva a danno dell’Eurozona,
dell’Italia in particolare, ma a vantaggio della Germania stessa. Potrei sbagliare
non vedendo che la ripresa dell’euro è dovuta a normali processi di mercato ed
alla debolezza prospettica del dollaro o solo ad un fenomeno contingente. O potrei interpretare come
complotto quella che notoriamente è un cultura ossessivamente
antinflazionistica della Germania che implica l’euro alto ed una pressione
sulla Bce per ottenerlo. Ma troppi indizi fanno sospettare una manina cattiva.
Durante l’eurocrisi Obama fece pressione su
Merkel per
contenere e poi invertire la caduta dell’euro. La sua strategia vuole la svalutazione del dollaro per
accelerare la ripresa in America e così arrivare al 2012 in condizioni di
essere rieletto. Il modello economico della Cina è totalmente dipendente
dall’export, il 25% di questo va in Europa. Pechino ha fatto sapere a Merkel che c’è una relazione tra contratti commerciali
tedeschi in Cina e l’euro alto. Ci sono segni che Merkel
abbia chiesto in cambio del favore la cooptazione della Germania nel G2 sinoamericano in modo da condividere il vantaggio di
dettare le regole globali. Per esempio, nonostante divergenze specifiche, è
evidente che Washington e Pechino, nonché Mosca, ormai considerino Berlino come
interlocutore unico in Europa. E che la Germania lo voglia. Va poi considerato
che l’export della Germania è poco sensibile al cambio ed ha un volume tale da
bilanciare la deflazione interna generata dai megatagli alla spesa. Mentre per
gli altri europei l’applicazione del rigore alla tedesca (i tempi) implica sangue
per le strade ed impoverimento di massa. In sintesi, non può essere cancellato
il sospetto che la Germania abbia inasprito oltre misura il rigore per
costringere gli altri europei a seguirla non solo allo scopo di ristabilizzare l’euro, ma per rialzarne il cambio in
combutta con America e Cina. Per capirci, l’Italia e gli altri devono seguire
Berlino nel rigore per evitare che il mercato ritenga meno affidabili di quelli
tedeschi i loro debiti, cosa che ne porterebbe il costo di rifinanziamento alle
stelle, precursore dell’insolvenza e dell’uscita dall’euro. In tal senso
l’eccesso di rigore tedesco è un ricatto. Per coglierlo vediamo l’alternativa:
un programma coordinato tra europei di riduzione del debito e di propulsione
alla crescita del mercato interno calibrato sulla sostenibilità sociale dei
tagli alla spesa e delle liberalizzazioni, almeno di 10 anni, inizialmente
pompato con una svalutazione temporanea dell’euro che permetterebbe alle
economie deboli e meno produttive di fare più Pil via export. Invece la Germania ci forza ad un rigore
insostenibile e porta l’euro in sopravalutazione condannando tutta l’Eurozona a
pagare il prezzo del riaggiustamento dell’economia
globale. Con l’aggravante, il sospetto, di voler attuare una politica di
potenza nazionale, il 4° Reich. Se nessuno ha le palle per dire a Berlino che o
rientra nell’idea di Europa o la sbattiamo fuori o l’Italia esce dall’euro
ponendosi in posizione supercompetitiva globale, inizio io. Spiace una tale
violenza esplicita, ma, pur liberista, mai accetterò di lasciar ammazzare dipendenti
pubblici italiani per violenza implicita della Germania.