Tagliare di più il
debito e di meno la spesa
Di Carlo Pelanda (23-6-2010)
Senza il riequilibrio
dei conti pubblici l’Italia rischia un costo crescente per il rifinanziamento
del suo debito, fino a costringerla all’insolvenza. Ma l’applicazione del
rigore in tempi troppo brevi comporta un grave rischio di impoverimento e di destabilizzazione
sociale. Ci vuole una strategia per
evitare ambedue le trappole.
La scorsa settimana
scrissi qui che la scelta della Germania di arrivare nel 2016 al pareggio del
bilancio, “deficit zero”, andava considerato come una atto di guerra economica
perché imponeva all’Eurozona un’agenda di rigore sostenibile, forse, solo per
Berlino ed insostenibile per gli altri. Guido Gentili, sul Sole di martedì, ha
scritto un commento titolato “Attenzione, la sfida tedesca è contro l’Italia”.
In generale, molti osservatori – tra cui il premio Nobel per l’economia Krugman - vedono
nella politica di estremo rigore della Germania non solo l’obiettivo di dimostrare
al mercato che non farà più crescere il debito, ma anche una strategia di superiorità
via distanziamento degli altri europei sul piano dell’affidabilità finanziaria.
Per seguire il passo di Berlino, Francia, Italia e gli altri dovranno
impoverirsi. Poiché l’Italia – manifatturiera ed esportativa
- è il competitore intraeuropeo
principale della Germania, appare giustificato il sospetto che tale azione
permetta a Berlino di ridurre la competitività dell’Italia, indebolendone il
sistema. D’altra parte parecchi hanno notato che la strategia tedesca è
perfetta perché nessuno può accusarla di fare qualcosa di male: mette in priorità
l’ordine, nel rispetto dei i trattati formali europei. Ma la strategia tedesca
non è per nulla perfetta in quanto non è certo che riesca a sostenerla. L’idea
è quella di bilanciare la deflazione interna aumentando l’export, ma,
tipicamente, il secondo non riesce ad equilibrare la contrazione di un mercato
interno, se forte. E più di 10 miliardi all’anno di tagli, per 5 o 6 anni,
implicano una contrazione notevole. Quindi, oltre al rischio detto sopra, la Germania
sta esportando in Europa quello di un suo crollo per imbecillità politica. Comunque
al momento non si riesce a convincere Merkel ad agire
diversamente. Strategie. Una, attendista, è quella di aspettare che Berlino si
renda conto dell’esagerazione e allunghi i tempi di riordino, attutendo
l’impatto del rigore su tutti gli altri o che il governo Merkel
cada. Un’altra è quella di liberalizzare il mercato interno italiano in modo da
metterlo in boom di crescita, pareggiare così il deficit e competere con
l’industria tedesca via più efficienza. Sarebbe il modo giusto, ma è
fantapolitica. Uscire dall’euro? Il disastro finanziario e bancario sarebbe
molto maggiore del beneficio di poter svalutare. Siamo quindi condannati
all’impoverimento ed alla sudditanza al 4° Reich per restare nell’euro? No, se
troviamo un modo per costruire l’affidabilità finanziaria dell’Italia con un
rigore più diluito nel tempo. Ce ne è uno: cancellare una parte del debito
pubblico attraverso un’operazione straordinaria sia di vendita del patrimonio
sia di tassa una tantum. Se fosse il 10% (circa 180 miliardi) risparmieremmo
dai 7 ai 12 miliardi all’anno di spesa per interessi, il mercato colpito
positivamente dalla dimostrazione di forza risanatrice dell’Italia. Ho
dettagliato il progetto più volte su queste pagine. Il punto è: tagliare parte
del debito per ridurre l’entità dei tagli annui alla spesa e così renderli
sostenibili e meno deflazionistici. Lo segnalo a governo e maggioranza.