Lo stato
dell’economia non ammette disordine politico
Di Carlo Pelanda (20-4-2010)
Ai politici della
maggioranza va ricordato che in questo momento l’interesse nazionale (ed
europeo) richiede un governo italiano credibile nel mantenimento del rigore ed
efficace nell’aumentare la crescita. La priorità politica è la coesione, e non
la divisione. Per essere sicuro che capiscano la cosa – spesso si sentono così
dei da privilegiare le questioni dell’Olimpo su quelle terrene – va loro
spiegato quale rischio stia correndo la nazione e come devono comportarsi fare
per evitarlo.
L’Italia è ad alto
rischio di scivolare verso uno scenario greco. Da un lato, è vero che il
mercato ha espresso ammirazione per come il governo, Tremonti in particolare,
abbia tenuto sotto controllo il deficit,
e limitato l’incremento del debito complessivo, pur in un anno di grave crisi
(dell’export per caduta della domanda globale). Dall’altro, tale buon giudizio
sul passato recente non modifica di un
pelo la previsione negativa sul futuro del nostro sistema economico e,
conseguentemente, sulla capacità di reggere il debito. Prova ne è che il premio
richiesto dal mercato per comprare titoli italiani è il più alto, tra gli
europei, dopo quello greco. Da settimane sui giornali si tenta di far passare
l’immagine che, oltre alla Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda sono molto più
nei guai dell’Italia. Ciò non è falso, ma la verità completa è che l’Italia è
nel gruppo delle nazioni considerate incapaci di reggere l’euro. Quindi il
fatto che stiamo un po’ meglio degli altri è irrilevante sul piano della
sostanza. Il problema è noto: l’alto debito storico combinato con la bassa
crescita crea una spirale che, se non interrotta, alla fine ci porterà verso
l’insolvenza ed alla depressione endemica. La soluzione è una sola, escludendo
quella di uscire subito dall’euro e di ristrutturare il debito pubblico non
pagandone una parte: tagliare la spesa per arrivare al pareggio di bilancio
annuale ,e quindi non aumentare più il debito complessivo, ed allo stesso tempo
incrementare i potenziali di crescita togliendo vincoli, costi e tasse al
mercato interno per stimolarlo – su base permanente, strutturale – a fare più
investimenti e consumi. Nei prossimi mesi sarà necessario dimostrare che
l’Italia è in grado di andare verso questa direzione, magari lentamente, ma con
determinazione. Il mercato comincerà a scontare una tenuta futura del Paese,
invertirà l’attuale previsione negativa, e ridurrà il costo di rifinanziamento
del nostro debito sovrano (facendoci risparmiare miliardi ogni anno). Ma se non
vedrà questa direzione vorrà un premio maggiore per comprare i titoli italiani,
costringendo il governo ad alzare le tasse per pagare più interessi e quindi a deprimere
il mercato, avviando, anzi peggiorando, la spirale negativa detta sopra.
L’Europa ci salverà? Fa fatica con la Grecia, non avrebbe le risorse per
coprire il buco dell’Italia, terza economia per scala dell’Eurozona. Salterebbe
l’euro e con questo la Ue. All’Italia potrebbe convenire mollare l’euro,
mastodontica fesseria tecnica per come è stato fatto, ma certamente non le
conviene la dissoluzione dell’Europa. Quindi nell’euro dobbiamo tentare di
restarci perché abbiamo bisogno di essere parte di una Ue solida. Ma per
riuscirci il governo deve dimostrare oggi che domani l’Italia ce la farà.
Missione difficile sul piano tecnico e del consenso in condizioni normali, per
questo impossibile se la maggioranza perderà coesione. Dovete dare priorità
alla governabilità e non alle robe politichesi.