La politica tedesca del
rigore è una strategia di dominio
Di Carlo Pelanda (15-6-2010)
Geopolitica
economica. La fine della Guerra fredda ha tolto coesione alle alleanze che la
combatterono, euroamericana ed Unione Europea. Obama,
nell’estate del 2009, ha terminato l’alleanza con gli europei trasferendone,
unilateralmente, le funzioni di governance economica globale dal G7 al G20 dove contano
solo America e Cina. La Nato resta, ma come involucro formale. La Ue, senza più
la missione comune di difesa ed il ruolo di alleato primario dell’America, si è
rinazionalizzata. In sintesi, il mondo (e l’Europa)
di oggi è fatto di nazioni in competizione con le altre che cercano mani libere
per strategie o alleanze di vantaggio. Ciò non implica il ritorno alla guerra
armata perché le maggiori potenze non vogliono destabilizzare il mercato
globale dal quale traggono vantaggi. Ma è in atto una forma di guerra a bassa
intensità – ma con possibili impatti tanto devastanti quanto quelli dei
conflitti violenti – di tutti contro tutti dove gli strumenti economici servono la
politica di potenza di una nazione. Le scienze politiche ed economiche stanno
generando nuovi strumenti di osservazione per questo fenomeno. In Italia il
prof. Savona li ha definiti come studi di “geopolitica economica” (in autunno
verrà avviato un dottorato di ricerca nella materia). Con questo nuovo, in
realtà ottocentesco, occhio analizziamo il caso più caldo dello scenario
europeo corrente.
La Germania ha
deciso una politica di rigore estremo in modi unilaterali e tempi molto brevi
contando sul fatto che il suo modello economico (crescita via export che
bilancia la stagnazione interna) lo reggerà. Ma le altre nazioni faranno fatica:
o accettano una deflazione da rigore di tale intensità da impoverire
sostanzialmente le popolazioni oppure vedranno aumentare il costo di
rifinanziamento del loro debito in euro – perché parametrato
su quello della Germania decrescente grazie alla sua politica di estremo rigore
contabile - oltre il limite di tolleranza.
Una tale mossa, anche per la sua unilateralità, va intesa come atto di guerra
economica. Per quale scopo strategico? Berlino ha l’interesse ad emergere come potenza
singola non vincolata dalla Ue per la priorità di farsi riconoscere come “pari”
da America e Cina in modo da tutelare i propri interessi di esportatore
globale. Inoltre vuole avere mani libere per diventare il partner privilegiato
della Russia, scalzando l’Italia e bloccando l’iniziale penetrazione della
Francia, sia per assicurarsi il rifornimento energetico sia per conquistarne il
mercato. Alcuni ritengono che la strategia del rigore serva a sbattere fuori
tutti gli altri dall’euro lasciando la Germania unico potere forte in un’Europa
indebolita. Ma in realtà la Germania non vuole che troppi escano dall’euro,
soprattutto, Francia ed Italia che se operassero in moneta svalutata
distruggerebbero l’economia tedesca per maggiore competitività. Berlino,
inoltre, ha bisogno di un po’ di Europa intorno, non troppo vincolante, e
dell’euro come moltiplicatore di scala per trattare con America e Cina. Quindi
ha interesse a dominare l’Eurozona, piegandola ai suoi criteri, e non a
destabilizzarla. Quanto è verosimile tale analisi? Non sembra troppo lontana
dalla realtà osservando la rabbia, ed il panico, di Parigi che vede ritorcere
contro di se la strategia di europeizzare la Germania imponendole l’euro ora
diventato strumento per la germanizzazione dell’Europa. Cosa dovrà fare
l’Italia? Comunque la sua controstrategia dovrà partire dall’analisi qui fatta.