L’economia
cresce ma la gente non ha soldi
Di
Carlo Pelanda (13-3-2007)
I dati
sull’economia italiana, visti all’ingrosso, sono positivi.
Si prevede una crescita decente nei prossimi due anni, il
gettito è buono. Ma analizzati in dettaglio mostrano un’economia interna
che resta stagnante, una crescita trainata solo dall’esterno ed un rischio di
grossi ed inattesi guai a causa dell’effetto drenante sia
dell’aumento delle tasse e delle tariffe sia del costo del denaro. In tali
condizioni sarebbe razionale usare il buon momento economico per sgravare e
stimolare il sistema interno. Ma il governo è bloccato
e dove si muove lo fa in modo controproducente. Quindi
è giusto lanciare l’allarme: in un momento buono per l’economia,
paradossalmente, rischiamo una crisi economica.
L’aumento dei
consumi interni viaggia attorno allo 0,2%, niente. Pertanto alla ripresa
trainata dalla crescita in Asia ed in Germania che incrementa (4,5%) le nostre
esportazioni non ne corrisponde una strutturale del
mercato interno. Ciò vuol dire, semplificando, che la gente non ha soldi
nonostante il periodo di vacche grasse che si vede nelle statistiche. E perché non li ha? Su una base di costi già elevati per le
famiglie sono aumentate le tasse e le tariffe. Inoltre
è quasi paurosa la stangata per chi ha acceso un mutuo a tasso variabile a
seguito dell’aumento del costo del denaro. In sintesi, siamo in stagnazione sul
cruciale piano dei consumi interni per eccesso di drenaggio combinato tra
governo e incremento dei tassi monetari. Se la Bce
li porterà dal 3,75% al 4 entro l’anno, vista la quantità di mutui a tasso
variabile esistente in Italia, non è esclusa una recessione dei consumi stessi.
Cioè molta gente dovrà spendere di più per tasse,
tariffe e mutui e mancheranno i soldi per altro. Un segno indiretto di questo
rischio è il basso tasso di inflazione, 1,8%, in un
Paese che tende a farne strutturalmente parecchia per motivi di inefficienza
sistemica, per esempio la poca concorrenza in molti settori. C’è un verme
deflazionistico al lavoro. Inoltre si osserva un rallentamento degli
investimenti e dei consumi per paura del redditometro e della polizia fiscale.
In sintesi, ci sono segnali evidenti di una stagnazione interna causata dalle
politiche restrittive e repressive da parte del governo. Ciò non porterà in
recessione l’intero sistema economico fino a che durerà il boom globale che tira le esportazioni, ma limiterà di molto la
crescita complessiva. E al primo incidente o rallentamento globale
l’economia italiana non avrà forza interna ed andrà in stagnazione o peggio. Primo
punto: il governo sta gettando al vento l’opportunità di usare il surplus di
crescita per dare più vitalità al mercato interno. Ma il secondo è prioritario
e riguarda una emergenza da gestire subito e non
domani: il governo non ha considerato l’impatto dell’aumento del costo del
denaro sui mutui combinato a quello delle tasse, per altro mal calcolate al
punto da comprimere i meno abbienti, e delle tariffe sulle famiglie del ceto
medio. Se lo facesse troverebbe che molte si trovano
ai limiti della loro capacità di spesa e che tale situazione richiede urgenti
misure di detassazione. Non lo farà,
chiedo all’opposizione di precisare questo conto e di mobilitarsi a
difesa dei troppi in difficoltà.
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