Soluzione tecnologica
Di Carlo Pelanda (17-11-2004)
Sono certo che sia possibile tagliare in due o tre anni la spesa corrente di una quantità compresa tra i 25 ed i 12 miliardi di euro e metterla al servizio della riduzione delle tasse, senza licenziare alcun dipendente pubblico o pregiudicare la qualità dei servizi gestiti dalle amministrazioni statale e locali. Tale convinzione si basa su una stima preliminare dell’effetto risparmio dovuto dell’applicazione di nuove tecnologie e soluzioni organizzative evolute di recente, già visitabili in alcune nazioni. Poiché non pare che il governo sia aggiornato in materia – si osserva infatti l’adozione, per altro sporadica, di tecnologie e procedure che erano nuove negli anni ’90, ma nessuna di quelle emerse dal 2000 in poi - ritengo utile segnalare chi, cosa e come possa e sappia produrre tale efficienza.
Cosa si può fare con le nuovissime tecnologie dell’informazione e
soluzioni connesse? Riorganizzare tutti i processi del sistema pubblico, sia
nella componente amministrativa sia in quella dei servizi, in modo tale da: (a)
trovare modelli meno costosi per fare le stesse cose, anzi meglio; (b) mappare
in dettaglio i costi in modo tale da poterli tenere sotto controllo. Chi sa fare
un così innovativo piano sia di riduzione costi sia di loro controllo/contenimento
evolutivo per i sistemi pubblici nazionale e locali? I nomi sono quelli dei giganti
globali della tecnologia dell’informazione (It): Eds, Ibm, Sun, Microsoft, HP,
Dell, ecc. A questi vanno aggiunti quelli di altri giganti altrettanto globali
della consulenza e della ricerca applicata più avanzata, per esempio A.T.
Kearney, Accenture, ecc., che hanno la capacità di progettare le soluzioni che
integrano le specializzazioni dei soggetti di It detti sopra per trovarne una adatta
ad un governo. Si possono osservare concretamente dei primi esperimenti dell’ultima
generazione di innovazioni amministrative, e relativo effetto risparmio?
Certamente: in Nuova Zelanda, Regno Unito ed Australia sono visitabili le
innovazioni di “governo agile”; in Israele è perfino impressionante la capacità
di controllo costi del sistema pubblico grazie all’informatizzazione totale; negli
Stati Uniti vi è un’altissima densità di sperimentazioni in corso sul piano
delle agenzie federali e locali. Come mai tale enfasi su aziende private di It e
consulenza/ricerca? Perché il lavoro di progetto, sperimentazione ed esecuzione
in materia non può essere condotto da uffici statali o locali o da autorità,
pur potendo questi istruire personale affinché sappia adattare agli ambienti
normativi e regolamentari specifici le nuove tecnologie e soluzioni. Inoltre,
la ricerca e sviluppo per generare sistemi tecnologici innovativi costa un’enormità
e non è alla portata di piccole aziende. Probabilmente questo, la piccola
scala, è il motivo della mancanza di offerta italiana nel settore, in
particolare per le architetture più avanzate e macro. Ma, volendo, buona parte
dei giganti globali accennati ha unità in Italia che probabilmente sarebbero
interessate a produrre un piano se il governo glielo chiedesse. Non sembra che
ci sia stata finora una chiamata esplicita per lo scopo preciso di riduzione
costi e ciò è sorprendente. Forse si ritiene che la griglia normativa,
regolamentare e politica del nostro sistema sia impenetrabile alla nuova
efficienza? In altri Paesi tale problema è stato risolto, compresa la
complicazione dovuta al fatto che inefficienza e sprechi si trasformano in
privilegi opachi che ostacolano le riforme. Su questo punto, comunque, c’è un
problema preliminare da risolvere. Quando ho applicato – il mio gruppo di
ricerca, in realtà – le idee generali prodotte da alcune delle aziende dette,
che ringrazio per l’accesso dato, ad una simulazione (a cornice) di efficientazione
della nostra Pubblica amministrazione ho trovato che le soluzioni più
innovative implicavano una modifica delle norme. Da qui è uscita la “forchetta”
tra 25 e 12 miliardi di risparmi senza far male ad alcuno, la seconda cifra più
certa perché conseguenza di soluzioni con un fabbisogno minimo di cambiamento
regolamentare. Ma, appunto, è necessario sperimentare in concreto una giusta
varietà di casi per trovare la chiave con cui connettere innovazioni evolute in
diversi ambienti istituzionali e politici ed il nostro. Quindi la
raccomandazione al governo è quella di attivare subito dei progetti pilota
chiedendo alle unità italiane delle aziende dette, ed altre, di consorziarsi
provvisoriamente per fare velocemente i test utili a capire cosa da noi sia
possibile, e consensuale, e cosa no. Ripeto, l’ipotesi di lavoro è che almeno
12 miliardi strutturali di risparmi siano possibili. Mi occupo di tale materia
entro un progetto di ricerca pluriennale finalizzato a capire, in generale, la
relazione tra sovranità e ricchezza (con Paolo Savona) e, in particolare (con
altri), come le nazioni europee possano recuperare almeno una parte della loro
sovranità economica ceduta, senza ritorno di flessibilità gestionale, al Patto
di stabilità, per tale motivo impoverente. L’eventuale ammorbidimento dell’eurovincolo
non potrà essere risolutivo anche nel migliore dei casi. Quindi l’unica quota
di sovranità – spazio di bilancio per la detassazione – recuperabile per noi riguarda
il taglio della spesa corrente. Vista l’importanza del tema prego Berlusconi di
avocare a se la regia per la ricerca di quanto sia realmente possibile
risparmiare grazie alle nuove tecnologie, chiamandole.