Per un Fmi più importante andrà bene una francese più filo-americana

 

Di Carlo Pelanda (24-5-2011)

 

Per la prima volta nella sua storia il Fondo monetario internazionale svolgerà una esplicita funzione politica e non solo tecnica. Il G20, nel summit di Washington, affidò al Fmi non solo il compito di definire gli indicatori con cui misurare gli squilibri nel mercato globale, ma anche quello di negoziare con le nazioni i modi per ridurli. Questo ruolo, politicamente nuovo in assoluto,  implica che il vertice del Fondo interagirà con i leader dei paesi più rilevanti. Con un potere di fatto notevole in quanto c’è disaccordo nel G20 su questa cruciale materia. L’unico accordo possibile è stato quello di trattarla, oltre che adottando parametri condivisi di equilibrio/squilibrio, con l’intervento di un soggetto mediatore che possa essere accettato da tutte le parti (honest broker). Poiché, per essere condivisi, i parametri non potranno essere né dirimenti né risolutivi, la possibilità di convergenza tra nazioni è di fatto affidata alla capacità politica e tecnica del futuro presidente del Fondo. In tal senso Il Fmi sta diventando il da tutti invocato centro di “governance” dell’economia globale, smentendo gli scenari che ne prevedevano l’irrilevanza fino a poco fa. Per tale motivo sia sono fioccate candidature inusuali a presiederlo sia gli europei –  maggioranza dei contributi finanziari in congiunzione con gli Usa -  hanno ribadito la tradizione che tocca a loro farlo.  Potremo valutare l’efficacia di questa evoluzione nel summit G20 di Cannes, il prossimo autunno, dove il Fmi relazionerà sui risultati. Ma già si possono definire due requisiti per il successo: (a) garanzia che il mediatore, pur apparendo neutrale, sia sostanzialmente pro-americano; (b) che la Cina trovi vantaggi in cambio di concessioni per il riequilibrio globale.

D. Strauss Kahn  aveva portato il Fmi verso la nuova missione detta attraverso una conduzione più politica che tecnica  e, soprattutto, riducendone il profilo pro-statunitense che ne impediva il ruolo di honest broker. In questo ha un po’ esagerato, ma un incidente lo ha costretto a dimettersi. La candidata a succedergli è la squisita signora Lagarde, ora ministro delle Finanze francese, con competenze riconosciute da tutti ed un ottimo inglese raffinato, in gioventù, negli studi liceali a Washington e nei club politici di Capitol Hill. L’America sarà certamente rassicurata. La Cina, alla ricerca di un’alternativa al dollaro, chiede che i diritti speciali di prelievo del Fmi siano denominabili in yuan, prima della piena convertibilità di questa moneta. Passo delicato - la rubrica è contraria - ma accettabile se Pechino accetta condizioni ben mediate.  

Carlo Pelanda