Finmeccanica potrebbe
essere oggetto di un attacco esterno intrecciato con un complotto interno
Di Carlo Pelanda (8-6-2010)
Guerra geoeconomica. Il sistema occidentale ha perso coesione per
la scelta di Obama (estate 2009) di derubricare il G8
e secondarizzare la Nato non tanto in favore del G2
con la Cina quanto di una strategia “mani libere”. Anche per questo motivo la
Ue si è, di fatto, disintegrata. Una delle conseguenze è che ora tutte le
nazioni occidentali competono tra loro con metodi conflittuali non più regolati
da un “sistema”, anche se attutiti dall’esigenza di lasciare in vita almeno sul
piano formale le ex-alleanze sia euroamericana sia intraeuropea.
Il fenomeno è sempre più visibile nei mercati (geo)politici
dell’energia, dei grandi sistemi e dell’industria della difesa. Aziende francesi,
inglesi, tedesche, italiane ed americane guerreggiano tra loro, sostenute dai
rispettivi governi e servizi segreti, per la conquista di posizioni nel mercato
globale. In questo contesto è doveroso chiedersi se l’offensiva mediatica in
corso contro i vertici di Finmeccanica sia un atto di guerra contro il campione
industriale italiano o un complotto nostrano per mettere amici nella gestione o
una lineare conseguenza di cronaca di
fatti criminali individuati. La terza opzione appare improbabile perché è
evidente l’amplificazione giornalistica (e politica) delle indagini, infatti
non indirizzate ai vertici dell’azienda per dichiarazione della stessa magistratura.
Pertanto: complotto esterno o interno? Forse un mix tra i due.
Nel 2000 Finmeccanica,
internazionalmente nana ed in difficoltà, era destinata ad essere conferita in
un gigante francese di cui avrebbe posseduto una quota azionaria di minoranza. Parigi
perseguiva la seguente strategia, dal 1993. In Europa ci sono solo tre grandi
sistemi industriali per la difesa: inglese, francese ed italiano, il tedesco
sottodimensionato. Se la Francia avesse preso quello italiano, concentrato in
Finmeccanica, e comprato parte di quello inglese, allora avrebbe dominato il
settore in tutta Europa con enormi vantaggi monopolisti e geopolitici. Alla
fine del 2001 il governo Berlusconi cancellò il progetto di cessione e sostituì
sia i vertici di Finmeccanica sia un ministro troppo francesizzante. La nuova
strategia di PF Guarguaglini trasformò Finmeccanica
da preda in predatore, via acquisizioni nel Regno Unito – soffiate ai francesi
in un’epica battaglia tra il 2002 ed il 2005 - e
negli Stati Uniti, con capacità di offrire prodotti e sistemi supercompetitivi
a livello globale. L’interesse francese, bastonato, selezionò spazi settoriali
di collaborazione dominante, li ottenne per amor di pace e per utilità
italiana, per esempio nei satelliti, ma mai rinunciò alla strategia detta sopra.
Ora Parigi vede che l’Italia, via Finmeccanica, sta conquistando spazi
crescenti sia in Russia sia nel Mediterraneo che vorrebbe per le sue aziende
stoppate altrove da America, Cina, ecc.. Pertanto Parigi, pur senza prove, è il
sospettato principale per evidenza del movente. Anche perché la sua rete di
influenza in Italia è coltivata da tempo e penetra istituzioni, politica e
media. Quindi, in teoria, ha i mezzi per
far inciampare i magistrati su un dossier e per coordinare un’azione mediatica.
Inoltre il successo sorprendente di Finmeccanica, pur considerando i sostegni
del governo, è dovuto ai tratti personali di Guarguaglini
ed al suo staff. La sua rimozione porterebbe Finmeccanica ad essere meno
conquistatrice e più “docile”. Alcuni hanno motivi per sospettare l’America. Da
un lato, l’Amministrazione Obama sta pressando
l’Italia affinché blocchi l’espansione di Finmeccanica su alcuni mercati (e
settori) o di interesse delle aziende statunitensi o considerati oggetto di
restrizioni. Dall’altro, potendola condizionare sul piano delle commesse, non
ha bisogno di destabilizzarla con mezzi riservati. Alcuni italiani, poi, che
sembrano premere per rimuovere Guarguaglini hanno
connessioni francesi. La rubrica non sa se Parigi li abbia aizzati o se stia
integrandone l’azione spontanea, ma annusa l’intreccio. Anche perché la
convergenza italo-francese sulle euroquestioni
potrebbe avere un prezzo. Sono solo congetture deduttive, ma se vi fosse un
barlume di verosimiglianza: (a) il governo dovrebbe trattare il caso come un
atto di guerra segreta, prima compiendo un’indagine riservata al suo interno
per capire se prevalga il complotto nostrano o quello esterno; (b) la
magistratura fare un doppio controllo sulle fonti e sugli apparati di indagine;
(c) i media avvertire della possibile strumentalizzazione.
Carlo Pelanda