La nuova ecologia artificiale richiede una Settima cibernetica

Di Carlo Pelanda (5-1-2010)

Sistema e ambiente. Per millenni la nostra specie ha artificializzato il pianeta per sua utilità con teorie ed ingegnerie relative al primo che non includono il secondo. Per questa incompletezza cognitiva la relazione tra i due tende ad essere reciprocamente distruttiva. La prima reazione a tale consapevolezza, dalla fine degli anni ’60, è stata di spavento: fermare o limitare l’artificializzazione. Ma il fallimento del summit di Copenaghen nel 2009 sancisce la fine dell’era ecolimitativa. Il 2010 venga dedicato all’avvio di quella ecogenerativa.

I biosistemi umani sono basati sull’istinto di riproduzione/espansione illimitata. Se lo si comprime questi si ribellano o decadono. Per questo le soluzioni ecolimitative non sono fattibili. Ma l’espansione illimitata trova limiti e pericoli: (a) esaurimento delle risorse ambientali; (b) vulnerabilità crescente dei sistemi umani dovuta alla diffusione planetaria in tempi troppo brevi per adattarsi alla variabilità del pianeta. Per minimizzarli bisognerà sia ridisegnare la natura affinché produca più risorse e nuova varietà sia rifare i sistemi umani per renderli resistenti a qualsiasi variabilità ambientale e compatibili con la nuova natura. In sintesi, si tratta di rendere co-evolutivi, e non separati, sistema ed ambiente, ridisegnandoli ambedue ed includendoli in un’unica artificializzazione integrata. Progetto Ecogenesis. Per esempio, da un lato, irrigare i deserti desalinizzando le acque marine, ingegnerizzare vegetali più resistenti. Dall’altro, artificializzare il ciclo del cibo per ridurne impatto e scarsità, costruire insediamenti invulnerabili alle variazioni ambientali, rendere illimitata l’energia. In due o tre secoli si potrà fare guadagnando i millenni necessari per trasferire l’espansione antropica dall’endodestino terrestre all’esodestino nel cosmo. Ma la complessità di tale disegno è superiore a quella gestibile dagli strumenti cognitivi correnti. Pertanto l’avvio di Ecogenesis implica un passo precursore: astrazioni più potenti per ridurre e gestire la complessità, poi da trasferire alle ingegnerie. La rubrica ritiene che la riscoperta ed il rilancio della Teoria dei sistemi potrà dare tale risultato. Ma di quale suo ceppo? Quello cibernetico – scienza del controllo – che punta a costruire modelli dotati di una varietà di soluzioni che pareggi quella dei problemi, per questo “sistemi chiudenti”. La Prima cibernetica (1956) usò metodi lineari, la Quarta (1980) non-lineari per trattare più complessità, ma ce ne vorrà una Settima (2020) supersintetica ed autoevolutiva per sostenere l’ambizione di Ecogenesis. Buon lavoro. 

Carlo Pelanda