Cause e soluzioni
del ciclo di crisi sono geopolitiche e non economiche
Di Carlo Pelanda (27-7-2010)
Cinque crisi: (1)
globale, 2005 – agosto 2008, per iperinflazione dei prezzi energetici, risolta,
ma latente; (2) Europa ed Usa, finanziaria privata, febbraio 2007 – in
risoluzione; (3) Europa ed Usa, recessiva con effetti globali, settembre 2008 –
marzo 2009; (4) finanziaria pubblica, cioè gli eccessi di debito, in corso nel 2010,
Europa ed Usa (e Giappone, ma caso particolare); (5) impoverimento della classe
media in Europa ed Usa per squilibrio nel flusso globale del capitale
(corrispondente ad una troppo lenta diffusione della ricchezza nelle economie emergenti)
iniziata in America negli anni ’80, in Europa a metà degli anni ’90, in
peggioramento. La prima crisi ha innescato la seconda – rialzo violento dei
tassi che ha amplificato le insolvenze “subprime” –
poi la seconda la terza. Questa è stata risolta creando la quarta, cioè
stampando moneta e facendo debito per coprire i buchi. Se nella ripresa si
replicherà la prima crisi, l’impatto del rialzo dei tassi sulla finanza
pubblica di europei ed America, perché con debito più voluminoso, sarà
devastante. In ogni caso il ripristino del sistema globale come era prima del
2008 aggraverà la quinta crisi riducendo di più la ricchezza delle classi medie
occidentali. Il punto: pur avendo superato le crisi 2007-09, il sistema globale
resta esposto ad una sesta molto più grave innescata dal prezzo del petrolio ed
aggravata dal fatto che le economie occidentali non recuperano tutta la
ricchezza trasferita a quelle asiatiche. La deflazione da rientro dal debito,
nonché la lentezza delle riparazioni in America, potrebbero rimandare la
replica della prima crisi. Ma a ripresa compiuta (2012) la prima e quinta morderanno di nuovo. Soluzioni?
Due: (1)
l’occidente, ricongiunto, deve prendere il controllo del prezzo del petrolio
per calmierarlo. L’inclusione della Russia è essenziale così come lo è la
sostituzione dei regimi in Venezuela, Iran, ecc., nonché la stabilizzazione
dell’Arabia Saudita; (2) condizionare la Cina affinché alzi i redditi della
popolazione, apra di più le frontiere, e così importi più beni dall’occidente
aumentandone occupazione e crescita. I governi occidentali si concentrano sulla
regolazione finanziaria, problema secondario, perché temono soluzioni che
implicano il rischio di guerre. Quindi la vera crisi di fondo, la settima, è la
paura dell’occidente di ricorrere alla violenza per esercitare il potere. Ma se
non la userà, la subirà. Lo scenario di cui questo è sintesi è stato inviato agli
amici americani che preparano la sostituzione di Obama nel 2012. Piacerebbe
trovare un indirizzo postale europeo.
Carlo Pelanda