Le
mosse di Putin sembrano di attacco,
ma sono invece di difesa
Di
Carlo Pelanda (10-1-2006)
Il 2006
si apre con il rumoroso festeggiamento degli ex-sovietologi.
Questi sono stati secondarizzati dopo il 1989. Ma
da quando Mosca ha riconquistato l’Ucraina con l’arma energetica, e
confermato il ricatto agli europei, sono nuovamente fioccate le commesse di
ricerca per scenarizzare i veri obiettivi di Mosca.
Semplice consolidamento della Russia o inquietante sua nuova ricerca di
un’influenza globale? Alcuni, che si sono espressi sui
media italiani, propendono per la seconda ipotesi. Non
escludibile perché Putin, nella sua formazione
all’interno del Kgb, fu ispirato dai concetti del
grande Andropov. Che, nel 1977, prevedendo
l’implosione del sistema sovietico, ideò un piano non per rendere
la Russia
una nazione normale, ma per darle un modello più moderno allo scopo di
fare meglio impero in competizione con gli Usa. Pare, tuttavia, più realistico
ipotizzare che Putin
abbia più un problema di difesa che di attacco. Da poco ha sconfitto gli
oligarchi facendone fuori la metà e costringendo
l’altra a lavorare per lui. Parallalelamente ha
annullato, via zarizzazione, le spinte
centrifughe delle regioni. Ma ha ancora il problema
di definire confini certi della Federazione, di far lavorare un sistema
industriale che può vendere beni solo sul mercato “geopolitico”(armi
ed energia), di contenere le ambizioni di panslavisti
e nazionalisti che influenzano le forze armate con forte voglia di riscatto.
Soprattutto, ha il problema di non riuscire, lui, a capire se tra gli
occidentali prevarrà chi vuole frammentare
la Russia
per prendersi i bocconi migliori o chi – come questa rubrica – pensa che
Mosca debba restare integra ed essere aiutata per poi inglobarla in un nuovo
sistema occidentale, aquila a tre teste o Impero delle tre Rome,
con lo scopo di ordinare il pianeta e superare per scala
la Cina
così potendola condizionare o sfondare. Fatta da tre entità
alleate e ben confinate: America, Europa e Russia. Ma
la seconda tende ad espandersi senza limite ad est. La prima ha sostenuto gli
oligarchi, invaso l’Asia centrale con la scusa dell’Afghanistan, e forse non
le dispiacerebbe avere nel futuro un repubblica siberiana
amica. Nel dubbio, il povero Putin deve
dotarsi di forza negoziale per trattare con l’America e costringere
la Ue
a darsi un confine orientale definitivo. E combina
la necessità di vendere prodotti russi per far soldi con quella di accreditarsi
come attore internazionale importante e capace di ricatto dissuasivo. Ma
non è “attacco”. E’ difesa. Andrebbe capito e risolto rilassando Putin,
cioè offrendo alla Russia un’inclusione
nell’occidente rispettosa dei suoi confini.
Carlo Pelanda