Il
distacco della Russia dall’occidente è catastrofico, ma forse si potrà riparare
Di
Carlo Pelanda (2-9-2006)
Dmitri Trenin (Carnegie, Mosca) ritiene che sia ormai definitivo
l’abbandono dell’Occidente da parte della Russia. Tale analisi registra il
deterioramento delle relazioni tra Mosca e Washington e tra la prima e l’Unione
europea. Dopo l’11 settembre Putin
propose a Bush la seguente alleanza: la Russia concedeva
all’America la leadership, ma in cambio voleva essere riconosciuta come suo
partner principale e proconsole nell’Asia centrale. Bush
rifiutò. Non solo, ma anche inviò truppe americane dappertutto in tale area con
la scusa dell’intervento in Afghanistan.
Putin, anche incalzato dalle élite nazionaliste, reagì scommettendo sulla formazione di un asse eurasiatico Parigi-Berlino-Mosca
capace di bilanciare il potere statunitense e di costringerlo a compromessi. Ma gli europei, nel 2004, rientrarono nei ranghi atlantici. E sostennero l’ala antirussa in Ucraina mostrando la volontà
di portare l’Unione fino ai confini della Russia interna. Così Mosca trovò
confermata la collocazione marginale ed ambigua nel
sistema occidentale assegnatole dall’incompleta strategia americana formulata
nel 1991: a metà tra nazione sconfitta a cui era solo chiesto di ritirarsi, non
scocciando, e potenza semicooptata nell’occidente. Partner
Nato e della Ue, ma troppo
grossa per poter diventare membro a titolo pieno di ambedue senza modificarne
la struttura. Per tale barriera prospettica, oltre alle umiliazioni, la politica
interna ed estera russa si sta muovendo verso una direzione neo-imperiale. E sempre
con più decisione perché Putin è rafforzato dal nuovo
potere energetico e da quello geoeconomico
conseguente. Ciò non vuol dire che diventerà
antioccidentale, ma che negozierà ogni questione sulla base dei propri
interessi sovrani e concreti. Le diplomazie occidentali sono preoccupate, ma
rassegnate. Questa rubrica, invece, vede il distacco di Mosca come una grave
amputazione della forza occidentale che impedirà il contenimento dell’Iran, il
condizionamento della Cina e la stabilità energetica
globale. Quindi invoca attenzione sulla priorità di riportare attivamente la Russia nell’alleanza
tentando quello che America ed Europa mai hanno voluto
fare: aprire lo spazio occidentale al gigante russo per farlo stare comodo.
Troppo tardi ed impossibile, secondo i “realisti analitici”. Ma lo scenario di
“realismo sistemico” mostra che: (a) l’occidente euroamericano
è ormai troppo piccolo per reggere alle sfide globali
e ci vuole un terzo pilastro russo per riuscirci; (b) in caso di cedimento
dell’occidente la Russia
sarà sopraffatta da Cina ed Islam e ciò non le conviene. Giuliano, seminario a
Mosca?
Carlo Pelanda