L’America è troppo piccola e serve una grande alleanza con l’Europa per mantenere l’occidente pilastro globale

 

Di Carlo Pelanda (14-11-2006)

 

 

L’America resta una superpotenza, ma è ormai troppo piccola per sostenere da sola sia il mercato sia la sicurezza globali. Si apre, pertanto, una stagione di scenaristica dedicata a risolvere il problema del vuoto di governabilità del pianeta.

In realtà fu aperta negli anni ’70. Nel 1971 Nixon sancì la fine della convertibilità del dollaro in oro e dei cambi fissi. Il mercato era diventato troppo grande per basarsi su un pilastro così piccolo. Nel 1973 Henry Kissinger concettualizzò il passaggio dalla “gestione singola” americana del mondo ad una “collettiva” che implicava maggiori contributi da parte degli alleati perché Washington non ce la faceva più a reggere l’ordine economico internazionale, il confronto bipolare ed i conflitti regionali. Le soluzioni, allora, furono due: formazione di una alleanza occidentale più coordinata (Rambouillet, 1975, G5 poi G8); restrizione dell’azione statunitense entro una corrispondenza realistica tra mezzi e fini: ritiro dal Viet-Nam, accordo Usa/Cina in funzione antisovietica, ecc.. Ma Ronald Reagan (1980-88) fece tornare gli Stati Uniti all’unilateralismo, rilanciandone la potenza sia militare sia economica. Il successo della Guerra del Golfo (1990) e l’implosione dell’Urss (1991) illusero le élite statunitensi che l’America fosse ancora grande abbastanza. Così Bill Clinton avviò una politica di ordinamento globale con obiettivi superiori ai mezzi disponibili: un fallimento. Lo stesso fece Bush nel 2001, ma presto si accorse che l’America non aveva sufficienti truppe, bilancio e alleati per gestire operazioni a vasta scala. Ciò causò errori. Per esempio, Rumsfeld non fece una guerra al risparmio, ma proiettò tutto quello che aveva e fu insufficiente. Ora l’amministrazione Bush sta cercando di far rientrare nuovamente la politica estera entro una relazione proporzionale tra mezzi e fini, tra obiettivi e capacità. Ma è una pezza. In prospettiva è evidente che l’America ed il dollaro non potranno reggere  la posizione di importatore che sostiene la crescita di tutto il pianeta. Inoltre Washington non ha più scala sufficiente per agire come ordinatore globale anche se arrivasse un Reagan 2. Restano due soluzioni: (a) accettare un sistema multilaterale fatto di blocchi paritetici; (b)  integrare America ed Europa in una alleanza di comando mondiale. Questa rubrica ritiene inaccettabile il disordine della prima opzione. Quindi gli scenari occidentalisti dovranno chiarire che l’America è piccola, che è interesse vitale dell’Europa compensarne i limiti formando con essa una “Grande alleanza” e come trasformare la Ue da introversa in estroversa.        

Carlo Pelanda