Formula 1 chiama formula 1789: libertà, velocità, pubblicità
Di Carlo Pelanda (9-3-2003)
Da tempo
l’organizzazione della Formula 1 è scossa sia da tensioni relative allo
sfruttamento dei diritti commerciali sia dalle pressioni di chi vuole
regolamentare il sistema. In questi giorni la turbolenza sta aumentando. Il
primo sommovimento riguarda la proprietà della Slec che gestisce i diritti
televisivi e dintorni del campionato. Il 75% è nelle mani del gruppo Kirch che
deve venderlo per salvarsi dal fallimento. Lasciando da parte i dettagli,
questa situazione appare una buona opportunità per i costruttori di prendere il
controllo diretto della principale fonte di cassa della formula. Tale scenario
viene qui auspicato in quanto toglierebbe loro i motivi di interesse per
minacciare l’avvio di un campionato alternativo, a partire dal 2008, con il
rischio – particolarmente temuto dagli sponsor, ma anche dal pubblico
appassionato - di destabilizzare l’eccezionale valore attuale e potenziale del
marchio. Ma il punto più critico, e subdolo, di prospettiva è un altro. La
“Formula 1” non è una attività normale. Il suo mito si alimenta di eccessi, di
sperimentazioni estreme. Da anni l’Unione Europea tenta di normalizzarla. Ora
punta a classificare in dettaglio lo sviluppo di nuove tecniche di pubblicità
che riguardano il settore per poterle regolare al millimetro. La natura della
formula non è solo rappresentata dai suoi contenuti tecnici e sportivi, ma
anche dai modi con cui vengono comunicati. Regolamentare troppo i secondi
significa svuotare i primi e soffocare i simbolismi della velocità. Questa
rubrica invoca una mobilitazione d’opinione affinché i burocrati di Bruxelles,
e tutti gli altri del mondo, dichiarino la Formula 1 luogo di eccezioni
normative, entro cui gli eccessi siano ammessi. Ovviamente entro regole quadro
sportive, di sicurezza, di trasparenza legale, ecc., ma con la massima libertà
di “andare oltre”, anche e, soprattutto, nella sperimentazione comunicativa e
pubblicitaria. Un luogo di innovazioni deregolamentate, per esempio
l’interattività in diretta tra azione e ciberspettatori, finanziata da spot. Di
trasgressioni, l’eccitazione della velocità chiama un buon sigaro. Il punto:
come il bravo ingegnere esaspera un tecnotrucco per guadagnare un millesimo di
aderenza in curva, così i pubblicitari e comunicatori devono essere liberi, nel
recinto della Formula 1, di tentare il vietato in altri contesti. Più velocità
implica più libertà e viceversa: total speed. Diapositiva? Per esempio l’estasi
futurizzante nel viso femminile del monumento alla velocità, Desenzano del
Garda, memoria di idrovolanti che gareggiano in picchiata ai limiti dello
schianto. Proiezione? Vroooom,
freeeeee.