Riarmo americano

 

Di Carlo Pelanda (14-4-2001)

 

 

 Andrew Marshall, responsabile dell’ufficio per il Net Assessment (scenari futuri) del Pentagono, da anni cerca di indirizzare l’evoluzione della potenza militare statunitense verso un cambiamento radicale: gettar via tutto l’arsenale della guerra fredda e sostituirlo con uno futurizzante. Lo sviluppo di un nuovo sistema d’arma richiede dai 10 ai 15 anni. A metà degli anni ’90, nel corso di un incontro bilaterale tra centri di ricerca della Difesa italiana e statunitense, finalizzato al confronto delle metodologie di analisi e previsione, annotai due considerazioni seguite da punti di domanda: Marshall era di pessimo umore; uno dei suoi assistenti divideva lo scenario futuro tra post-Guerra fredda e “post-post” e ciò mi incuriosì perché non era specificata la distinzione tra i due. Successivamente fui in grado di rispondere alla prima domanda. Le idee modernizzanti di Marshall erano respinte dagli apparati militari. Questi devono rispettare il requisito di prontezza operativa. In situazione di contrazione di bilancio per la difesa e con una Amministrazione Clinton che impegnava truppe a ciclo continuo in giro per il mondo, gli  Stati maggiori non volevano togliere risorse ai mezzi del presente per reindirizzarle verso la costruzione di sistemi militari di (totalmente) nuova concezione. Ora dovrebbe essere di umore migliore. L’Amministrazione Bush gli ha affidato la valutazione dei programmi di riarmo. Soprattutto, sta impostando una politica che la favorirà: ridurre l’impegno corrente di polizia internazionale, affidandone quote maggiori agli “ascari” (europei, australiani, ecc.), proprio per lasciare spazio ai nuovi concetti, finanziandoli con un incremento stratosferico del bilancio della Difesa. Ma quale futurizzazione, esattamente? Ora posso rispondere alla seconda domanda. La risposta riguarda la distinzione tra scenari “post” e “post-post. Il primo appare scaduto perchè implica l’estensione continuista della capacità di guerra tecnologica concepita negli anni ‘70 ed ‘80: permetterà, in prospettiva, una superiorità solo relativa e quindi insufficiente, costosa e rischiosa. Il secondo si basa sull’idea di passare ad una superiorità militare assoluta ed efficiente: non battaglie, ma eliminare l’avversario istantaneamente – dovunque nel globo - con armi a controllo remoto, forse ad energia diretta, robotizzate, gestite da un ombrello spaziale a raggio totale. Proprio la “resurrezione” di Marshall segnala che tale scenario è in avvio realizzativo. Ciò  costringe gli europei ad una decisione critica ed imprevista. I nostri programmi futuri più avanzati, ma di concezione “post”, saranno totalmente superati nel 2020 da quelli americani “post-post”. Per non restare intrappolati nel ruolo di ascari con armamenti arretrati, e per non rendere obsoleta l’industria europea ad alta tecnologia, sarà giocoforza trovare un modo per diventare partner del riarmo statunitense, con cui non possiamo competere visto il ritardo tecnologico già esistente.