La vigilanza bancaria europea crea più problemi che soluzioni


Di Carlo Pelanda (6-6-2016)

La vigilanza bancaria europea sta complicando oltre misura la riparazione del sistema bancario italiano, imponendo requisiti di capitalizzazione non necessari e, in alcuni casi, talmente restrittivi da generare crisi lì dove non c’è. Inoltre ritarda le fusioni tra banche che permetterebbero un consolidamento e rafforzamento rapido del sistema finanziario. La vigilanza è funzione della Bce indipendente, ma i suoi criteri generali sono comunque sottoposti alla direzione dell’istituto, presieduto da Draghi, che deve rispettare il mandato della Bce stessa: stabilità finanziaria dell’eurosistema. Ma la vigilanza sta agendo in modi destabilizzanti, per lo meno al riguardo dell’Italia. La critica non riguarda tanto gli standard generali e parametri di sostenibilità e riduzione della vulnerabilità in caso di condizioni avverse, anche se questi dovranno essere meglio valutati da ricerche più approfondite, non ancora fatte né dalla Bce né da altre istituzioni regolative europee e internazionali. Riguarda, invece, la totale mancanza di procedure graduali di transizione nel processo di riparazione e rafforzamento delle banche italiane. Per esempio, non capisco perché a una banca in procinto di fondersi con un’altra venga richiesto un aumento abnorme del capitale come copertura dei crediti deteriorati: tale problema di copertura può essere bilanciato trasferendolo al prezzo, risolto molto meglio dalla gestione del nuovo complesso bancario che caso mai deciderà di aumentare il capitale dell’insieme, dopo avere avuto la possibilità di valutare in dettaglio le sofferenze complessive e i modi di mercato per smaltirle. Tale caso dimostra che vigilanza Bce vuole applicare subito gli standard finali senza nemmeno pensare ai processi di transizione. Inoltre, è rilevabile un errore metodologico inquietante: la vigilanza non studia l’impatto delle sue decisioni prima di applicarle. In sintesi, la vigilanza europea ha da poco iniziato la sua missione e non ha molta esperienza tecnica e in più pretende di imporre regole non ben valutate, cioè di sperimentarle via prove ed errori sul corpo vivo degli attori finanziari. Infatti, parecchi commentatori sulla stampa specializzata italiana stanno chiedendo le dimissioni di chi guida la vigilanza Bce. Io pensa sia più produttivo, invece, rinforzare la capacità tecnica di analisi dei singoli casi da parte della vigilanza stessa. Inoltre, il governo dovrebbe chiedere alla Ue il riconoscimento di un processo di riparazione del sistema bancario che richiede almeno un triennio di facilitazioni speciali.

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