Il rischio Italia percepito è superiore a quello reale


Di Carlo Pelanda (28-11-2016)


Il rischio Italia percepito dal mercato finanziario internazionale è superiore a quello reale. Per esempio, ogni volta che, lavorando nel settore investimenti, incontro investitori esteri sento dirmi che l’Italia è interessante, ma che con un debito pubblico così grande a fronte di così poca crescita, hanno problemi a metterci i soldi. Poi qualcuno li mette perché non c’è altro luogo al mondo dove l’investimento su imprese (medie) sia così profittevole. Ma troppi non lo fanno frenati dal timore che l’Italia crolli. Tipicamente, rispondo che il problema del debito e della poca crescita, sul piano della stabilità sistemica, sono bilanciati dal fatto che l’Italia ha uno dei più bassi indici al mondo di indebitamento privato e uno dei più alti di risparmio: se aggiungiamo al dato negativo quelli positivi, il risultato è che l’Italia, pur inefficiente, è tra le prime dieci nazioni al mondo per stabilità sistemica e non la mina che farà saltare l’euro come è opinione diffusa sulla stampa internazionale e in molti operatori. Quando dico così, la risposta usuale dell’interlocutore è: ma perché, allora, le agenzie di rating, i rapporti del Fmi e della Commissione europea non mettono in luce tale dato sistemico facendo pesare di più quello negativo? Sono anni che me lo chiedo anch’io. Nel 2011 ho assistito con sconcerto al contagio dei dubbi sul debito greco a danno di quello italiano. Ero occasionalmente presso il Fmi e mi capitò tra le mani una relazione, permettetemi di non citare la nazionalità degli scriventi per evitare frizioni intraeuropee, e vi lessi che l’Italia, settima potenza manifatturiera e quinta esportatrice al mondo veniva associata alla Spagna, nazione ancora in via di industrializzazione, ambedue messe nella stessa categoria di “nazioni periferiche” e di alto rischio di insolvenza. Chiesi a un collega titolato di segnalare questa pericolosa e falsa rappresentazione dell’Italia al governo e al rappresentante italiano presso il Fmi. Ma non fu corretta. La catena di eventi generata da tale classificazione poi portò l’Italia a una megarecessione per eccesso di rigore. Ci sono interessi forti, sia politici sia di finanza speculativa, che vogliono indebolire l’Italia via diffamazione? Forse, i fenomeni negli ultimi mesi inducono il sospetto, ma il “gioco cattivo” è la normalità nelle relazioni internazionali e di mercato. Quello che non è normale è l’evidente incapacità della politica italiana di comunicare al mondo rilevante la forza oggettiva dell’economia italiana. Questa è l’anomalia, unico caso al mondo, da correggere urgentemente.

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