Verso una politica estera più attiva


Di Carlo Pelanda (4-8-2014)


Ritorna la storia. Fu sospesa dal 1945 al 2008 quando l’America esercitò un potere stabilizzante su metà del pianeta, fino al 1989, e poi globale con l’effetto di limitare i conflitti, pur non impedendo crisi locali. Nel 2009 Obama avviò il ritiro dell’America dal presidio del mondo perché i suoi costi erano diventati insostenibili. Nel vuoto geopolitico così creatosi le nazioni si sentono libere di perseguire i propri interessi anche con il ricorso alla guerra ed il mercato globale non ha più un pilastro che lo stabilizzi. La configurazione del mondo come sistema ad elevati rischi di conflitto e con incertezza costante è definito come “normalità storica” nelle discipline analitiche dedicate. Ma il ritorno di tale normalità spiazza l’Italia in quanto abituata da decenni ad operare sotto il comodo ombrello della Pax Americana e dell’inclusione europea, cosa che le ha permesso di fare affari nel mondo senza particolari sforzi. Il mutamento di scenario ora impone a Roma un cambiamento della politica estera: da passiva ad attiva e da multilaterale ad unilaterale in alcuni teatri. Nel Mediterraneo l’Italia è sola perché l’America si è ritirata e la Ue non ha mai voluto ingaggiarsi, con l’eccezione della Francia, ma in divergenza con gli interessi italiani. Per questo Renzi, con mossa unilaterale, è volato in Egitto: trovare un alleato con cui tentare la stabilizzazione della Libia prima che diventi un problema ingestibile di sicurezza per noi, sia sul piano bellico (attacchi jihadisti) sia energetico nonché migratorio. Altro fronte: l’Italia avrebbe un enorme danno, molti punti di Pil, dal blocco dei commerci con la Russia se le sanzioni contro Mosca si inasprissero a seguito del conflitto in Ucraina. La Germania ha lo stesso interesse, ma è più ricattabile dalla Russia per l’energia. Sta cedendo al ricatto così creando una divergenza con l’America che potrebbe trasferirsi alle relazioni atlantiche con il rischio di spaccarle. Per l’Italia sarebbe un disastro e non potrà restare passiva. Infatti sta prendendo una giusta posizione di mediatore tra America e Russia, purtroppo non (ancora) capita dalle nazioni orientali della Ue, antirusse, che per questo ostacolano la nomina di un italiano (Mogherini) a ministro degli Esteri Ue. L’Italia sta mostrando una buona reattività alle sfide della nuova era. Ma la sua capacità esterna è ridotta, sul piano della credibilità, dal disordine politico e dall’enorme debito domestici. Per questo le riforme di efficienza interna sono una priorità anche per rafforzare una politica estera che difenda attivamente i nostri interessi vitali.

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