L’euro potrà
salvarsi solo con la svalutazione, ma…
Di Carlo Pelanda 7-6-2010
In poche settimane
la caduta del valore di cambio dell’euro sul dollaro è stata di circa il 6%. Sarebbe
potuta essere più marcata, ma sia la Bce sia le banche centrali statunitense e
cinese, ed altre, sono intervenute riservatamente sui mercati valutari per
evitarne il crollo. Cosa succederà?
Nei mesi scorsi è successo che il mercato si è
accorto delle condizioni di insostenibilità della moneta unica e se ne sta
liberando. Alla luce della crisi greca ha visto che l’euro non è applicabile
economie poco industrializzate e con bassa produttività come quelle portoghese
e spagnola pur più ordinate e con meno debito della Grecia. In particolare, ha visto che
l’euro, gestito alla tedesca per essere forte, avrebbe soffocato ancor di più
tali economie deboli la cui unica salvezza è quella di svalutare per recuperare
crescita e competitività. Quindi ha alzato il rischio che questi Paesi non
riescano a pagare il debito, per difetto di crescita, e che prima o poi debbano
uscire dall’euro generando una crisi di sistema. Tale attenzione ha acceso un
faro anche su economie più grandi e forti come quella italiana, ma azzoppata da
bassa crescita della produttività (valore di un’ora di lavoro) e, in generale,
del Pil nonché da un debito stratosferico. Ha anche illuminato la Francia che,
pur con minore debito, ma crescente, finanzia con elevati deficit e non con
crescita il proprio Stato delle garanzie. Insostenibile. E, messa sotto luce,
anche la Germania ha mostrato gli stessi problemi della Francia. Poi ha visto
che la reazione degli eurogoverni è stata caotica,
che la Germania ha preteso che tutte le nazioni europee perseguissero l’ordine
tedesco (deflazionistico) senza possibilità che queste ci riescano e che la Bce
si è messa a comprare titoli di eurodebito, azione
disperata. Per questo – e non certo per avida speculazione – il mercato ha
iniziato a svendere euro. Le Banche centrali cumulato riserve in euro hanno
cominciato a ridurle temendone la dissoluzione. Questi sono i motivi della
caduta del cambio, in sintesi una crisi di fiducia strutturale e non solo
contingente sull’eurosistema.
La crisi dell’euro
porta un beneficio all’export europeo – di cui l’Italia sta godendo più di
altri – ma mette i bastoni nelle ruote del piano di Obama
di accelerare la ripresa americana via svalutazione del dollaro. E mette nei
guai la Cina che esporta molto in Europa mantenendo svalutato lo yuan. Per
questo stanno aiutando l’euro a non scendere troppo. Vi sarà una gara a chi
svaluta di più tra le tre grandi aree economiche del pianeta? Nessuno la vuole,
tanto meno la Bce che teme di importare inflazione incontrollabile, ma un
accordo monetario potrebbe essere difficile proprio perché l’euro è in crisi strutturale
di modello. La politica del massimo rigore decisa dagli europei per non
aumentare il debito in euro è una necessità, ma il mercato sa che se il rigore
non porterà crescita l’euro e i debiti delle euro nazioni resteranno
insostenibili e non ridarà fiducia. Per avere più crescita le euro nazioni
dovrebbero liberalizzare i mercati interni togliendo protezioni. Ma tale mossa,
combinata con i tagli pesanti alla spesa pubblica, provocherebbe reazioni degli
interessi colpiti ingestibili dalla politica. Per questo l’Eurozona potrà fare
più crescita solo grazie alla svalutazione dell’euro, cioè via boom
dell’export, e così salvare l’euro nonostante i suoi difetti genetici. Ma Cina
ed America non lo vorranno e la Germania insisterà per un euro forte antinflazionistico,
a costo di uscire lei dalla moneta unica.
Potrebbe succedere di tutto.