Le conseguenze ambigue dell’esperimento tedesco

 

Di Carlo Pelanda (14-11-2005)

 

 

Valut iamo il programma economico della “grande coalizione” tra democristiani e socialdemocratici tedeschi. Una simile intesa, alla fine degli anni ’60, durò tre anni ed ebbe qualche utilità per darle uno Stato sociale capace di redistribuire la ricchezza creata dallo sviluppo ed i n tal modo ridurre le tensioni sociali e sindacali. Ora il go verno bianco-rosso, guidato da Angela Merkel, ma con i ministeri economici più rilevanti in mano ad esponenti del Partito socialdemocratico, ha la missione di riequilibrare un sistema sociale ad economia stagnante, dove circa il 30% della popolazione si è impover ito, con 5 milioni di disoccupati, la gran parte permanente e non solo temporane a o stagionale. Ci riuscirà? Quali le conseguenze europee?

Dai p rimi annunci programmatici si può ricavare la seguente strategia. Aumento della tassazione indiretta (Iva) per portare pi&ugrav e; soldi nelle casse dello Stato. Da utilizzare sia per far rientrare il deficit federale entro gli europarametri (ne è fuori dal 2001) sia per lanciare progetti di lavori pubblici utili a riassorbire una parte della disoccupazione. Inoltre verranno limate alcune misure considerate non essenzia li e dispendiose di assistenza ed impostata una graduale riforma delle pensioni, con ipotesi di allungamento dell’età del ritiro fino ai 67 anni. In sintesi, l’effetto della sinistra sul governo di coalizione si vede nell’opzione di alzare le tasse e di appoggiare su grandi programmi statali la stimolazione economica. L’effetto democristiano-liberale si vede di meno in generale, e p are limitato ad un strategia di contenimento della spesa pubblica ed alla difesa dell’obiettivo di non far gravare la nuova tassazione direttam ente sulle famiglie, ma solo indirettamente colpendo i consumi. Non c’è, in altre parole, alcuna azione concreta basata sull’idea che più liberalizzi più cresc i. Ciò è sorprendente in relazione al programma elettorale dei centristi dove il punto qualificante era la detassazione come strumento principale di rilancio. Il nuovo governo farà l’esatto contrario. Probabilmente, nella costruzione dei compromessi politici, ha pesato la priorità di come riuscire a dare in brevissimo tempo più lavoro a chi non ce lo ha. E in effetti, pur la stimolazione liberalizz ante molto più efficace, in teoria, i lavori pubblici sono uno mezzo credibile per riuscirci. Cosa che svela il punto di equilibrio della Grande coalizione: sia democristiani sia socialisti potranno giustifi care di fronte al loro elettorato un accordo innaturale, che rende insoddisfatti ambedue i campi,  dimostrando che è stato utile a risolvere la più grande emergenza della nazio ne. Ma gli altri europei come dovrebbero valutarlo? Da un lato bene perché una Germania con alta disoccu pazione strutturale è sia una bomba sociale nel cuore d’Europa sia un motivo di blocco della locomotiva che traina l’intera eurozona. Ma se tale danno potrà essere riparato da una politica di centrosini stra, avremo sì una Germania che non andr&agrav e; peggio, ma neanche meglio. Non è possibile, infatti, che con le rego le e tasse attuali che rendono rigido il mercato ci possiamo attendere un rilancio tedesco, anche se sarebbe in teoria possibile vista la potenza residua del suo sistema industriale pur dopo anni di stagnazioni e recessioni. Quindi chi si accontenta che le cose non vadano peggio potrà applaudire all’esperimento tedesco e fare il tifo affinché riesca. Ma chi ha fiducia n elle capacità risolutive delle politiche liberalizzanti e di detassazione, pur tifando lo smi namento della disoccupazione tedesca, non può far altro che registrare un’occasione perduta e prevedere una continuazione della stagnazione europea.

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