Cauti ma ottimisti
Di Carlo Pelanda (25-10-2004)
Banche centrali, governi, investitori finanziari ed imprenditori, soprattutto in Europa, si trovano di fronte ad uno scenario economico per il 2005 che ne rende molto complicate le decisioni. Da un lato, nel 2004 c’è un boom mondiale, dall’altro ci sono tre rischi che ne rendono incerta la continuazione nel 2005: (a) un prezzo del petrolio che se resterà troppo alto per lungo tempo potrà soffocare la crescita globale; (b) un crollo del valore di cambio del dollaro in grado di rendere meno competitive le esportazioni denominate in euro; (c) la tendenza degli europei a ricostruire i volumi di risparmio famigliare - ridotti dallo scoppio della bolla finanziaria 1996-2000, dagli scandali ed altri disordini – a scapito della quantità di spesa dedicata ai consumi. Ci sono anche rischi relativi alla crescita troppo squilibrata della Cina, al residuo di incertezza geopolitica, ecc., ma quelli detti sono considerati i più importanti.
Cerchiamo di capire, pur qui solo con cenni, i problemi
decisionali che tale ambiguità comporta. Per esempio, la Banca d’Inghilterra,
qualche mese fa, ha alzato il costo del denaro (i tassi) per renderlo
compatibile ad una crescita mondiale ed interna prevista come molto forte. Ma
questa, in estate, è rallentata e la decisione che scontava troppo ottimismo si
è tramutata in una stretta monetaria di fatto che ha leggermente soffocato i
potenziali di crescita interna stessa. Le autorità monetarie americana (Fed) ed
europea (Bce) stanno tentando di capire come evitare un tale errore: se alzano
i tassi e poi l’economia rallenta potrebbero indurre una recessione, ma se non
lo fanno e poi il boom continua c’è il rischio di far scoppiare l’inflazione.
Perfino più difficile è la valutazione delle imprese se puntare su un
prolungamento e aumento del boom globale nel 2005 oppure su un dimezzamento
della crescita complessiva per i tre motivi detti sopra. Questa forse è la
decisione più delicata per l’intero scenario, oltre a quella di politica
monetaria, perché se le imprese prendessero una visione pessimistica
ridurrebbero gli investimenti e gli acquisti, oltre che le assunzioni, creando
in tal modo una direzione recessiva per l’intero mercato. Quali sono le tendenze
rilevate in queste settimane dalla ricerca dedicata?
Al momento prevale l’idea che i rischi detti in apertura non si
avvereranno in pieno e che il loro impatto relativo sarà comunque di breve
durata. Al riguardo del prezzo del petrolio trova consenso l’idea che questo
scenderà nel 2005. La previsione è divisa tra prima e seconda parte dell’anno,
ma si pensa che tale fattore di rischio non sarà tale da interrompere il boom
globale. Chi scrive è solo un po’ meno ottimista perché registra una tensione sul
lato della domanda energetica che resterà costante e terrà i prezzi elevati
anche se non come oggi. Ma concorda sul fatto che l’impatto del petrolio potrà
restare contenuto. L’ottimismo prevale nelle previsioni di quando le famiglie,
nell’eurozona, torneranno a spendere per consumi invece che per ricostruire la
loro scorta di risparmio. La seconda azione pare esaurita e quindi ci si
attende un buon esito, anticipato dall’aumento continuo da cinque mesi
dell’indice di fiducia dei consumatori. Il dollaro, in teoria, potrebbe
crollare per il problema dell’enorme deficit commerciale negli Usa. Ma, in
pratica, non sussistono le condizioni per un collasso duraturo pur possibile
uno temporaneo. Quindi la previsione al momento più solida vede alla fine del
2005 i tassi del dollaro sul 4,5% e quelli dell’euro attorno al 3%, numeri che
scontano uno scenario di tenuta della crescita globale e suggeriscono, oggi,
decisioni ottimistiche. Ma queste dovranno essere ricontrollate continuamente,
mese per mese.