Ma nel dubbio si può essere ancora
ottimisti
Di Carlo Pelanda (18-6-2000)
La bolla finanziaria internazionale gonfiatasi negli anni scorsi – e attualmente sgonfiata circa della metà – era anche pompata da un’altra bolla, diciamo, psicologica, riempita da tre mantici: (a) l’ottimismo basato sull’evidenza di un’economia americana sempre crescente; (b) la certezza della legalità e trasparenza del mercato finanziario; (c) per gli europei ed italiani in particolare, che prima o poi l’eurozona sarebbe tornata a crescere dopo anni di stagnazione. La scorsa settimana queste fonti di ottimismo sono state scosse ed indebolite. Vediamo.
A)I dati più recenti
mostrano che la ormai decennale crescita statunitense comincia a dare i primi
segni di rallentamento a causa della stretta monetaria operata dall’Autorità
monetaria (Fed). Sul momento i mercati borsistici hanno accolto con favore la
notizia. Rallentamento, infatti, significa che la Fed non avrà più bisogno di
alzare ulteriormente i tassi monetari per calmare un’economia troppo
surriscaldata. E ciò dovrebbe dare più spazio di rialzo ai mercati azionari.
Ma, in realtà, molti stanno iniziando a fare meglio i conti. Il piano della
Fed, presieduta da Greenspan, è quello di portare e tenere la crescita
americana entro un sentiero tra il 3,5 ed il 4%, considerato non pericoloso per
l'inflazione. E tale scenario viene chiamato di atterraggio morbido (soft
landing) dopo una crescita del 7% nell’ultimo trimestre del 1999 e di quasi il
6% nel primo del 2000 (che sta continuando attorno al 5%). Tuttavia non esiste
nella storia economica un solo caso di “soft landing”. La natura del mercato
appare molto più polarizzata: o sale o scende, senza vie di mezzo. Quindi i
segni di rallentamento stanno accendendo in alcuni il timore che alla fine del
2000 ed inizio del 2001 l’economia statunitense possa andare in recessione
improvvisamente. Il mercato sconta molto in anticipo l’ottimismo e lo
moltiplica. Ma fa lo stesso anche con il pessimismo. E questo è il motivo per
cui è difficile tenerlo entro un binario voluto. Più cresce questa
consapevolezza, più i soggetti del mercato globale, di cui quello americano è
la locomotiva principale, cominciano a modificare le loro attese in senso più
guardingo
B) Una notizia bomba ha
creato una nuova fonte di incertezza: il crimine è penetrato pesantemente nei
mercati finanziari americani. Da una parte i dati disponibili appaiono mostrare
che si tratta di un fenomeno limitato: a Wall Street sono state registrate
operazioni criminali solo per 100 miliardi di lire equivalenti. Ma tale dato
minimizzante contrasta con la quantità di arresti: finora 120. Troppi uomini
per così pochi soldi. Evidentemente c’è molto di più. E qualcuno comincia a
mettere insieme alcuni eccesi speculativi degli ultimi due anni con l’azione
possibile della criminalità. In sintesi, appaiono i primi sintomi di una crisi
di fiducia al riguardo della trasparenza (e difesa dei risparmiatori) nel
mercato finanziario. Fiducia già scossa dai veri e propri imbrogli – questi
legali – da parte di blasonate banche d’affari quando hanno sostenuto
quotazioni gonfiate di aziende Internet (il caso World Com e almeno venti altri
in America ed Europa). Anche se i governi ed i giornali non ne parlano forse
per non alimentare il sospetto che il delicato motore della ricchezza mondiale
abbia troppa morchia, tuttavia molti investitori e risparmiatori si stanno
facendo molto prudenti, in attesa di veder riconfermata la trasparenza del
mercato. Non è certo pessimismo generalizzato, ma anche questo fattore sta
sgonfiando la bolla della psicologia ottimistica.
C) E per gli europei ed
italiani c’è il rischio di una doccia fredda, gelata per i secondi. Un mese fa
gli scenari davano per il 2000 una crescita dell’eurozona attorno al 3,5%. Gli
ultimi andamenti fanno sospettare che sarà minore. Il motivo è che non partono
i consumi interni. In Germania sono leggermente ripresi dopo anni di
stagnazione, ma non a sufficienza per trainare nuova occupazione ed amplificare
la crescita stessa. In Italia i consumi sono rimasti perfino piatti, compressi
da un fisco sempre più drenante e dal fatto che non ci sono nuovi investimenti.
In sintesi, la crescita europea resta principalmente trainata
dall’esportazione, spinta dall’euro basso, e comincia a circolare la sensazione
che il “picco di rimbalzo” sia già stato raggiunto a marzo e che da qui in poi
si scenderà invece di salire. Non è un dramma. Comunque la previsione più
pessimistica ritiene che l’Italia possa crescere quest’anno vicino al 2,5% e l’Eurozona sul 3. Ma certamente non è
quell’inversione di tendenza, quel boom, che tutti speravano. E l’ottimismo
viene rimandato.
Il mio commento è che sarebbe ingiustificato passare da un eccesso di ottimismo, come nel recente passato, a quello opposto. Anche se l’economia americana andasse in recessione, questa sarà breve e preludio di un nuovo boom perché la crescita è sostenuta da fattori struturali e non contingenti. L’eurozona ha un grande potenziale futuro, ma deve cambiare il proprio modello politico che ne soffoca l’economia. Cosa non facile e che comunque richiede tempo. Quindi è saggio non aspettarsi molto nel breve e medio periodo – per non restare delusi – ma anche attendersi un vero e prorio boom europeo quando il continente sarà liberalizzato, almeno in parte, e consolidato nel suo assetto istituzionale: direi attorno al 2005. L’altro lato dei fatti criminali e degli imbrogli sopra detti è che i primi sono stati presi e repressi dalla polizia ed i secondi pesantemente sanzionati dai soggetti sani del mercato. In conclusione, ci sono più ragioni per restare ottimisti anche in una fase dove dubbio ed incertezza stanno affacciandosi.