Macché promozione, caro D’Alema, è una plateale bocciatura
Di Carlo Pelanda (29-3-2000)
Lascia francamente di stucco la dichiarazione trionfale di D’Alema, rilasciata martedì, a commento della nota inviata dal Fondo monetario internazionale in merito alla situazione dell’Italia: “ il risanamento è ormai strutturale”. E aggiunge che dovremmo smetterla di criticare le magagne del paese perché i “giudici severi “ del Fondo ci hanno promosso a pieni voti.
Sono corso a leggermi la lettera inviata dal Fmi al ministro del
tesoro a seguito dell’esame periodico dell’economia italiana, temendo che quei
bravi tecnici fossero impazziti. Sollievo – per loro - sono sani. Noi purtroppo
ancora no, e ce ne vorrà di sudore. E’ solo D’Alema che ha stravolto la realtà delle
cose. Probabilmente non meriterebbe commento perché è ormai un abitudine. Ma
siccome queste pagine servono anche a sanzionare ed a togliere le cattive
abitudini, andiamo a vedere cosa esattamente dicono gli esperti del Fondo.
L’esatto contrario del concetto di “risanamento strutturale”.
Stimano che nel 2000 è probabile che il Pil italiano crescerà del
2,75%, comunque meno – sottolineano i tecnici
– della media degli altri paesi dell’eurozona. Anche in base a questo
dato ritengono raggiungibile l’obbiettivo di mantenere il deficit pubblico
annuo entro l’1,5% del Pil, obbiettivo vincolante per i paesi dell’eurozona. Ma
solo se si terrà a bada - avvertono - le tensioni espansive della spesa
pubblica. Che, aggiungo io, nel 1999 sono aumentate così come le tasse. Questa,
che è l’unica parte positiva del documento, contiene in realtà due messaggi
tutt’altro che trionfali: (a) l’Italia cresce meno di quanto potrebbe visto il
ciclo internazionale favorevole, (b) resta ancora pericolosamente irriformata
la struttura della spesa pubblica.
Ma questo è solo l’inizio. E’ perfino umiliante per gli attuali
governanti la serie di condizioni poste dal documento per sperare che la pur
mediocre ripresa in atto (dopo la stagnazione del 1998 e del 1999 dove siamo
cresciuti, rispettivamente, solo dell’1,5 e dell’1,4%) possa trasformarsi in
maggiori ricchezza diffusa e sviluppo per il futuro. I tecnici del Fondo,
infatti, sono preoccupatissimi per il basso tasso di occupazione ancora
esistente in Italia e temono che senza la rimozione delle sue cause strutturali
(alte tasse e regole del mercato del lavoro che deprimono nuovi investimenti ed
assunzioni) la crescita prevista non produca un’espansione della base
occupazionale. E che possa ripiegarsi su se stessa compromettendo, appunto, la
conseguenza di uno sviluppo reale. In sintesi, ripropongono lo scenario di
“crescita dimezzata” che vi ho già descritto tre settimane fa. E insistono
molto sulla necessità urgentissima di tagliare le tasse e quindi la spesa
pubblica. In particolare, raccomandano di ridurre i dipendenti pubblici,
rendere più efficienti (cioè meno spreconi) il sistema ferroviario e dei
trasporti locali, privatizzandoli in buona parte. Aggiungono un segnale
d’allarme sui costi crescenti – senza miglioramento delle prestazioni potremmo
dire noi utenti – del sistema sanitario. E puntano il dito sulla priorità di
riequilibrare la spesa sociale. Si spende troppo poco per l’assistenza a favore
di chi ha veramente bisogno e si regalano pensioni privilegiate. E poi, pur con
certo formale apprezzamento per le privatizzazioni e liberalizzazioni fino a
qui compiute, le ritengono ancora del tutto insufficienti: devono essere
completate e ci vogliono nuove misure per accrescere la concorrenza. Che,
tradotto dal diplomatichese, vuol dire: avete privatizzato pensando con i piedi
e non con la testa. Concetto che si ritrova anche nel richiamo a modificare
urgentemente il diritto societario per le imprese non quotate. Che, secondo me,
equivale al messaggio: ragazzi, ma vi siete accorti che tenete compresso il
potenziale di crescita industriale solo perché non sapete cambiare quattro
semplici regole?
In conclusione, se io fossi un governante – tra l’altro al potere dal 1996 e non da ieri - e mi vedessi recapitare una lettera del genere sprofonderei di vergogna. Di fatto il Fondo ha scritto che l’Italia è in pauroso ritardo su tutte le riforme che hanno la capacità di trasformare un buon momento del ciclo internazionale in sviluppo della nazione. E che il governo è incapace proprio di mettere mano al risanamento strutturale. Di fatto è una bocciatura solenne – la lista di raccomandazioni ha lo stile del maestro che spiega l’ABC all’alunno asino - se uno considera che questi documenti sono scritti con il requisito di massima morbidezza nei confronti del governo esaminato. Resta il mistero di dove D’Alema abbia trovato in questo documento i motivi per dichiarare che il suo governo era stato promosso a pieni voti. O è una bugia, o non ha letto il testo oppure non lo ha capito. Cortesemente, signor primo ministro, sveli l’arcano.