Il progresso alleato della giusta ecologia

 

Di Carlo Pelanda (14-8-2000)

Negli anni ’60 e ’70, quando l’attenzione sull’ecologia era inesistente, la nascita dei movimenti ambientalisti nel mondo occidentale fu un evento indiscutibilmente utile ed innovativo. Fece nascere una cultura politica consapevole dei requisiti di compatibilita’ tra attivita’ umane e cicli naturali. Le prime battaglie dei verdi furono eroiche e sacrosante contro un mondo industriale e politico che ciecamente perseguiva i propri interessi senza curarsi degli effetti negativi dello sviluppo sulla salute umana e sull’ambiente. E – qui il punto – tanta era l’arretratezza culturale dei loro avversari che furono percepiti come secondarii i modi fondamentalisti e l’inconsistenza scientifica dell’ideologia verde. Ma ora che gli ambientalisti influenzano direttamente o indirettamente i governi dell’Occidente, ed il loro effetto conservatore comincia a farsi sentire pesantemente sui processi di sviluppo tecnologico, va aperta una campagna di chiarificazione su quale sia la "giusta ecologia". Quella dei verdi non lo e’.

Il movimento ambientalista occidentale e’ piu’ un contenitore di tante correnti ideologiche diverse che non un paradigma unico. Ma tutta questa varieta’ ha alcune caratteristiche comuni: l’anticapitalismo, l’antiumanesimo, la sfiducia nel progresso tecnologico. Che derivano dai tre grandi filoni politico-culturali che, ad un certo punto, si sono incrociati nell’ambientalismo. Il. piu’ raffinato nasce da ‘elite accademiche che hanno interpretato le tragedie del Novecento come segnale che l’umanita’ non sia matura per gestire il progresso tecnico. Da qui emerge la visione che il domani non potra’essere meglio dell’oggi. E che quindi bisogna fermare tutto al presente, impedire la futurizzazione tecnologica. Un altro filone (maggioritario in Europa e minoritario in America) e’ costituito dai rivoluzionari rossi dei ‘60 ruggenti che, sconfitto il marxismo antagonista, hanno voluto continuare in altro modo la lotta anticapitalista. Ed hanno usato il "verdismo" vedendolo come strumento simbolicamente potente per abbattere il sistema. Sono i "verdi fuori, ma rossi dentro" (da noi prevalenti). Il terzo filone puo’ dirsi "ecomistico" (maggioritario in America). E’ una religione emergente – un po’ New Age e un po’ neobuddista – dove la Natura, Madre Terra, e’ deificata. L’uomo deve essere solo una parte di essa e non quella dominante, cioe’ restare succube di qualcosa che non e’ umano. Appunto, post-umanesimo e fine della centralita’ antropica sancita dalla religione cristiana. Questri tre programmi, pur diversi tra loro, convergono nella comune politica di bloccare, sabotare, ritardare, demonizzare (e sono molto efficaci nel farlo) qualsiasi progresso tecnico. E reclutano nelle loro file tutti coloro che si sentono esclusi dal sistema capitalistico e si alleano quasi naturalmente l’antagonismo dei residui comunisti e simili. Anche se necessariamente frettolosa, questa identita’ spiega perche’ i movimenti verdi vadano definiti come "ecoconservatori". E svela la loro metodologia: la difesa della natura e’ vista come un Cavallo di Troia – con buon potenziale di consenso – per sconfiggere la cultura capitalistica basata sulla centralita’ della tecnologia.

Tale scopo strategico, portato da lobby e gruppi che influenzano pesantemente la politica ed il mondo universitario, ha stravolto i concetti di ecologia scientifica ed i parametri razionali per una sana ecopolitica. Esempi. I problemi ambientali vengono comunicati in termini di infondate profezie catastrofiche. Le soluzioni sono sempre univoche: "hai un problema ambientale? Blocca il progresso e lo risolverai". Il concetto di "sviluppo sostenibile" e’ un orrore scientifico a causa della sua ambiguita’ metodologica. In sintesi, l’ossessione anticapitalistica porta ad un’ecologia pessimistica, scientificamente viziata da pregiudizi. Per questo va denunciata come ecologia sbagliata.

Che e’ urgente sostituire con un’ecologia giusta. Perche’ l’Occidente si trova di fronte al problema drammatico – in quanto non c’e’ esperienza storica per affrontarlo – di gestire la rivoluzione biotecnologica in prossimo arrivo e di cominciare a tutelare seriamente l’ecosfera affinche’ possa ospitare senza troppi danni lo sviluppo prorompente dei paesi emergenti. I verdi si stanno mobilitando per risolvere questi problemi attraverso, appunto, il blocco dello sviluppo ed il bioproibizionismo. Scelte sciagurate, soprattutto la seconda. Se vincesse, la rivoluzione biologica migrerebbe dall’America e dall’Europa in paesi spregiudicati che non vorrebbero ne’ saprebbero controllarla. E aumenterebbe il rischio di catastrofe globale. L’ecologia giusta, invece, e’ quella capace di incanalare la rivoluzione tecnologica entro argini che non la facciano ne’ straripare ne’ inaridire (nuove istituzioni globali di "biocibernazione"). Capace di trovare l’alleanza tra progresso tecnologico, capitalismo e natura. Ed e’ possibile. Come finalmente comincia ad emergere dai circoli di ricerca che si stanno faticosamente liberando dalla dittatura ecoconservatrice e che iniziano a concettualizzare una nuova ecologia ottimistica. Ecofuturizzante. Ma questa nuova strada e’ ancora in costruzione. Ed ha bisogno, per accelerare i lavori, di un supporto istruito da parte dell’opinione pubblica, voi. Si apra il dibattito.

Carlo Pelanda

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