07/10/2013

Egregio professore,

innanzitutto congratulazioni per il luogo della sua nascita. Mio nonno materno era di Ovaro e lì ha fatto costruire una casa. Da anni trascorro parte o tutte le mie vacanze in Carnia.

Volevo proporle un'idea che potrebbe circolare tra "esperti" economici. Parto dal mio caso personale.

Dal 2005 ad oggi il mio "stipendio" è diminuito. Ho perso il lavoro 2 volte e per continuare a lavorare ho accettato, in altre aziende, condizioni peggiori. Ovviamente lavoro nel settore "privato". Il bilancio famigliare non è sostanzialmente cambiato (a parte la perdita del potere d'acquisto) perchè mia moglie, dipendente dello stato, ha avuto lenti piccoli ma effettivi aumenti di stipendio Per cui quello che lei guadagnava nel 2005 lo guadagno io oggi e quello che io guadagnavo allora, lo guadagna lei oggi (spannometricamente).

(E' vero che gli stipendi per categoria sono immutabili, ma è vero che le aziende licenziano e altre riassumono (quando va bene) a contratti meno vantaggiosi).

Questo significa che ci sono due Italie, una legata all'andamento dei "mercati" l'altra sicura e garantita. Ma non solo, per mantenere sicurezze e garanzie, "aumenta" il suo peso sull'altra italia. Questa situazione è insostenibile sia dal punto di vista "matematico" sia da un punto di vista "psicologico" dell'italia "legata al mercato". Spero di essermi spiegato.

Anche se la cosa va contro i miei interessi personali "nel breve", vorrei alzare questa proposta.

Perchè non legare gli emolumenti pubblici (Pensioni, indennità politici, stipendi della PA dall'operatore ecologico del piccolo comune al magistrato di cassazione) al PIL (e non al rapporto deficit PIL sennò appunto aumentano le tasse e punto daccapo).

Apparentemente i "pubblici" potrebbero dolersene, ma dovrebbero capire che la situazione altrimenti è insostenibili nel lungo periodo.

Distinti saluti

Roberto Bera