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16/07/2007

Egregio Prof. Pelanda,

ho letto con interesse il suo odierno intervento sul Giornale e le confesso di provare per lei un profondo moto di invidia.
Anch’io ho creduto, nell’impeto dei vent’anni, al servizio ed al sacrificio, alla  Patria ed alla bandiera. Ma oggi ?diverso.
Sa, purtroppo, oggi cosa vedo?
Vedo il corpo ancora caldo di una cerva agonizzante su cui banchettano avvoltoi di ogni genere.
Vedo Onore e Dovere muversi smunti attorno ad opachi monumenti di bronzo, leggendo con voce tremula nomi di eroi dimenticati a passanti infastiditi.
Vedo Diritto ergersi lucente di abbronzatura e gel, i muscoli rigonfi dell’ultima sessione in palestra, ascoltarsi autocompiaciuto mentre incide nell’aria il verbo assoluto della moderna autocoscienza: “io scelgo?
Vedo bottegai travestiti da profeti vendere, da scranni istituzionali, merce avariata prelevata dagli scaffali polverosi della storia ed asservire a s? impuniti, immaginazioni denutrite e soffocate da bandiere multicolore.
Vedo sagome di imprenditori di successo, sorridenti e globalizzati, nascondere dietro la loro plastica patetiche figure di mendicanti che bussano, con piattini in mano, a porte sovrastate da luccicanti stemmi della Repubblica.
Vedo scorie mortali del ?8 aggirarsi come faine nei luoghi della divulgazione del pensiero e della decisione con tasche stracolme di sangue e sudore altrui.
Vedo rinomate universit?covare e sfornare nuove generazioni di grigi burocrati prestampati, sacerdoti forzati del culto della managerialit? adepti dell’Ordine Supremo dell’Ignoranza.
Vedo servitori in divisa dello Stato girare per citt?sempre pi?violente con curate e fiere crestine di capelli a centro testa, pi?pronti, all’apparenza, per la serata di apertura del Billionaire che per la caccia ai delinquenti.
Vedo anche, per la verit? quel genio rinascimentale che ?il Cavaliere, cartina di tornasole di una vitalit?nazionale mai sopita, ma esposta al disprezzo ed all’odio pi? corrosivi nel corso di decenni di dolosa e dolorosa e violenta deformazione della realt?
50 anni di deriva globale verso il niente di slogan debolmente lineari non sono facili da recuperare. E questo ?preoccupante.
Leggo per?l’articolo suo e di altri che, come lei, scrivono in benemeriti quotidiani come il Giornale ed il Foglio e mi dico: "forse c’č una speranza?".
Cordiali saluti.
M. M.