Gentile
Professore, serpeggia
nel paese un crescente malcontento per non dire ostilit?da parte di
strati sempre pi?vasti di opinione pubblica nei confronti della politica
e del suo establishment. La
dissociazione tra elettori ed eletti ?oramai un fenomeno (grave)
riconosciuto dai pi?e molti osservatori si sono espressi sulle cause
della malattia, che non sar?certo un’esclusiva italiana ma che da noi
sembra possedere virulenza di carattere epidemico. Le
ragioni di tale disaffezione sono state individuate nell’egoismo della
classe politica alla continua ricerca di vantaggi e prebende di ogni
tipo e nel sostanziale disinteresse (salvo lodevoli, rare eccezioni) per i
problemi reali che attanagliano la societ?civile (scuola, sanit?
giustizia ecc), ai quali i nostri amministratori dedicano al massimo
qualche parola di comprensione e molte promesse mai mantenute. Le
critiche dei cittadini alla classe politica non sono certamente una novit? ( il “piove governo ladro?riassume bene lo scetticismo degli italiani
nei confronti del potere) e prescindono anche dal colore politico dei
governi in carica, ma occorre domandarsi perch?il fastidio e
l’antipatia dilaghino oggi allorquando il 50%+24000 elettori di
centrosinistra ha recuperato l’esecutivo (l’antipolitica si sa era un
peccato di centrodestra) dopo 5 anni di forsennata avversione al governo
Berlusconi. La
spiegazione secondo me non ?poi tanto difficile da trovare e sta nel
fatto che sempre pi?persone si sono convinte di non avere speranza di
miglioramento n?di giustizia indipendentemente da chi comanda, qualunque
sia la casacca partitica indossata dai manovratori. Come dire che la
“stanza dei bottoni?livella tutti, obbligando sinistri e destri a
comportamenti che nel caso migliore sono improntati alla manifestazione di
buone intenzioni e in definitiva all’impotenza o alla navigazione di
piccolo cabotaggio. Oggi perci?la gi?folta schiera di coloro che hanno
in uggia la ”casta?si arricchisce dei tanti delusi che avevano
sperato in un centrosinistra diverso e virtuoso che avesse risolto o
almeno avviato a soluzione alcuni dei tanti problemi che angustiano la
nostra societ? Ci?che secondo loro evidentemente non ?avvenuto. Se
questa ?la diagnosi, quali la prognosi e la terapi? I pi?propendono
per l’adozione di misure moralizzatrici che intacchino i privilegi degli
amministratori (ad esempio trattamenti economici, pensioni, benefit vari)
per ridurre il divario con i comuni cittadini. Altri puntano sulla
limitazione del numero di parlamentari e consiglieri delle amministrazioni
locali. Sono tutte misure che si possono condividere e che probabilmente
potrebbero avere una loro efficacia, ma a mio avviso non sono risolutive.
L’argomentazione che segue, pur nella sua carica provocatoria e
tendenzialmente “rivoluzionaria? forse merita qualche riflessione da
parte degli addetti ai lavori e soprattutto degli elettori. E? noto che gli uomini sono tremendamente esposti alle tentazioni e la
probabilit?che vi cedano non dipende soltanto dalle capacit?di
resistenza di quelli e dalla forza attrattiva di queste, ma anche e
soprattutto dal tempo di esposizione alla azione tentatrice. Per fare un
esempio uomini probi potrebbero non approfittare di una cassaforte aperta
o di una donna nuda disponibili per poche ore o giorni, ma se queste
condizioni si prolungassero nel tempo, per mesi o anni, non v’è dubbio
che l’integrit?morale di costoro sarebbe messa a dura prova fino al
cedimento. Personalmente mi sono sempre domandato per quale ragione questa
debolezza umana non dovrebbe valere per chi fa politica, nella cui sfera
oltretutto regna sovrana la tentazione pi?forte e irresistibile che
tutte le altre riassume e sovrasta e cio?la tentazione del POTERE.
Un’attrazione, una sete irresistibile e fascinosa che non si estingue, a
differenza di altre, neppure con l’et?e il passar degli anni Sembra
perci?lecito chiedersi se la permanenza in politica per decenni e
decenni (qui mi riferisco alle responsabilit?parlamentari e di governo
al centro e in periferia) sia una saggia regola e soprattutto se sia
nell’interesse della democrazia e pi?esattamente degli elettori. Io
non lo credo e in Italia i danni prodotti da questa anomalia sono
stati gi?evidenti nel recente passato (Tangentopoli) e potrebbero
riprodursi ciclicamente ove il micidiale fenomeno del mancato ricambio
dovesse perdurare . Si
potr?obiettare che l’attivit?politica richiede una lunga
preparazione ed esperienza per essere condotta al meglio in un mondo
sempre pi?complesso e variegato. Vero fino ad un certo punto come
dimostrano i successi di uomini che non erano professionisti della
politica (nel senso italiano) come molti presidenti americani (Reagan,
Ford, Carter), i quali sono stati chiamati a guidare addirittura una
grande potenza in tempi non facili. E per rimanere oltreoceano,
riflettiamo sul fatto che negli USA i presidenti restano al potere al
massimo per due mandati (8 anni) dopodich?escono definitivamente
di scena, o su quanto accadde in Gran Bretagna alla fine della II Guerra
Mondiale allorch?Churchill venne spedito in Costa Azzurra a fumare
il sigaro (lui , il vero vincitore del nazifascismo) perch?gli inglesi
gli preferirono il quasi sconosciuto Clement Attlee. Possibile che questi
episodi avvenuti nei Paesi anglosassoni, culla della democrazia, siano
frutto del caso o non piuttosto dovuti al radicato convincimento di quei
popoli che il potere logora e tenta chi ce l’ha e non solo chi non ce
l’ha, come sosteneva il campione del mondo della longevit?politica,
guarda caso un italiano di nome Giulio Andreotti? La
conclusione dunque ?che noi tutti avremmo interesse a cambiare
frequentemente gli uomini che eleggiamo alle cariche pubbliche senza
consentir loro di abbarbicarsi alla poltrona e che avremmo tutto da
guadagnare in termini di buon governo da una classe dirigente
rinnovata per legge nel volgere di pochi anni (massimo 10), i
cui membri - dopo aver ringraziato per l’onore ricevuto - vanno a
casa (ho scritto a casa, non alla presidenza di qualche ente pubblico) a
riprendere la propria professione o mestiere. Al
di l?dello schieramento partitico di ciascuno occorre meditare
seriamente sulle positive conseguenze in termini di moralizzazione della
vita pubblica che deriverebbero da una riforma simile. Certo non ? possibile aspettarsi che idee del genere siano condivise dai politici in
carica ( non esiterebbero a giudicarle fantasie qualunquiste
impraticabili), n?che essi stessi assumano iniziative parlamentari per
vararle. E?necessario perci?si faccia strada un movimento di opinione
che, riconosciuta l’efficacia della terapia, si adoperi a diffondere
la seguente, semplice idea che ?al tempo stesso un programma e un
auspicio:
PER
UNA POLITICA INTESA COME SERVIZIO E NON COME MESTIERE, da
accompagnare con l’immagine di CINCINNATO, il noto personaggio romano
che nel V secolo a.C. fu nominato console nella guerra contro gli Equi.
Ottenuta la vittoria, Cincinnato torn?ad occuparsi delle sue propriet? terriere divenendo esempio di patriottismo e disinteresse verso il potere. Pi? saranno gli italiani che si riconosceranno in una riforma simile, gentile
Professore, maggiori saranno le probabilit?che la politica recuperi la
sua dignit?e soprattutto che gli elettori riacquistino il ruolo
preminente che debbono avere in democrazia, cio?quello di essere
governati da chi vogliono e per il tempo che vogliono con la massima
dedizione ed efficienza. Grazie per l’ospitalit?e un cordiale saluto
Perugia, 4 giugno 2007
alias ”il profeta?o:p> |
Caro
Professore, grazie per l’articolo illuminante dell?11 giugno su “Il
Giornale? Non era facile esprimere concetti cos?chiari in cos?poco
spazio. Lei sostiene cautamente che la sua interpretazione dei rapporti di
reciproco sostegno tra Impero (gli USA) e Chiesa (il Papato) ? un’ipotesi, io vorrei spezzare una lancia in favore della fondatezza di
tale ipotesi adducendo ragioni che in fondo appartengono alla mera logica.
Per
quanto concerne la Chiesa ?indubbio che il suo messaggio al mondo ? basato sull’insegnamento di Cristo tutto incentrato sull’amore e la
fraternit?fra gli umani. La violenza e l’uso della forza ?ripudiata
nella parola e nella esperienza umana di Cristo e lo ?fino al sacrificio
di s? fino al martirio. Intendo dire che il vero cristiano di fronte
alla prevaricazione e all’offesa si fa agnello e rinuncia alla reazione
e alla vendetta. Ora questo atteggiamento di apparente debolezza (di cui
si nutre la storia cristiana) trova un limite invalicabile quando vengono
messi in discussione i cardini fondamentali del credo cristiano, come i
supremi principi morali del bene e del male. Cristo stesso ha detto che le
forze del male non prevarranno, il che significa secondo l’umana logica
che occorre battersi affinch? ci?non avvenga. Di qui a mio parere l’esigenza di una spada che
difenda la croce e la sconsolante constatazione che secondo la Chiesa
sussiste nella nostra epoca il rischio che il maligno possa prevalere. Relativamente
all’Impero, che per sua natura tende all’espansione, l?esportazione
di modelli di vit?che siano permeati di valori ideali ne facilita
l’accettazione da parte di sempre pi?ampie moltitudini. E non vi e
nulla di pi?ideale di
una visione religiosa della vita dove la tolleranza ?diffusa e
l’egoismo represso. Inoltre l’imperatore che si proclama
difensore della fede si fa strumento di Dio e in quanto tale sar?oggetto
di riconoscenza e rispetto. La spada perci?ama proteggere la croce
traendo dallo scambio l’alone di sacralit?che proviene dall’essere
parte di un disegno divino che nobiliti progetti umani altrimenti effimeri
e fallaci. Con i sensi della mia pi?viva stima.
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