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21/06/2006

Un ricercatore italiano (a suo modo figlio d'arte) ha scoperto dove sono le cellule che governano le nostre scelte economiche.

Altri ci stanno mappando il cervello.
Obiettivo? Capire perch?a volte ?pi? facile sbagliare che azzeccarci.
 
 
 Usare il cervello per fare economia, o per ripensarla. Sembra una banalit? invece questa frase anima il lavoro di un'avanguardia di neuroscienziati che sta cercando le chiavi per comprendere come la mente fa una scelta, prende una decisione, determina insomma il costo - beneficio di un'offerta assegnandole un valore. Quali aree del cervello si attivano, quali neuroni vengono coinvolti e come "si accendono" quando l'individuo ?messo di fronte a diverse opzioni? Una volta compreso il processo di decision - making, come si applica tale scoperta ai modelli economici? A queste e molte altre domande cerca di dare risposta la NEUROECONOMICS, punto di incontro di due scienze che dovrebbero essere esatte eppure custodiscono ancora troppi segreti. Sfiorando eterni quesiti della filosofia, come quello sull'esistenza del libero arbitrio. In questo lavoro ?impossibile non porsi domande che hanno significati ben pi?ampi dei risultati sperimentali ottenuti. Nei laboratori di Boston della Harvard Medical School si frequentano territori ai confini tra psicologia cognitiva, neurobiologia e teoria economica.
 
 
Dalle scimmie all'uomo
 
 Spesso ci troviamo a scegliere se lavorare e guadagnare di pi?oppure avere pi?tempo libero, se investire in obbligazioni o in azioni. E gli studi comportamentali hanno dimostrato che a volte si fa la scelta meno razionale. Economisti e neurobiologi concordano sul fatto che alla base della decisione ci sia l'assegnazione di un valore alle opzioni disponibili, la sfida ?capire quali sono i meccanismi neurali che governano quest'assegnazione. Varie ricerche hanno individuato nella corteccia orbitofrontale la probabile area coinvolta: in soggetti umani con lesioni in quest'area si osservano infatti deficit tipicamente collegati con problemi di scelta, quali disturbi alimentari, comportamenti abnormali in situazioni di rischio o comportamenti asociali. Deficit simili sono stati riscontrati anche nelle scimmie, spingendo gli scienziati ad ipotizzare che le funzioni dell'area orbitofrontale nelle due specie siano omologhe.
 In un precedente esperimento, condotto da Elisabetta Visalberghi e collaboratori del Cnr, si era osservato il comportamento delle scimmie e concluso che il processo di scelta prevede due tappe: prima si assegna un valore alle singole opzioni e poi si confrontano questi valori e si prende una decisione. Nel secondo esperimento - condotto con John Assad a Harvard, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Nature" - ha inserito gli elettrodi nell'area orbitofrontale dell'animale ed ? riuscito ad individuare le cellule nervose che si accendono e si spengono a seconda del valore associato ad una data offerta. Dal profilo di scelta si evince il valore che ciascun soggetto assegna alle due bevande. Per una scimmia, il valore di una goccia di mela ? uguale a tre gocce d'acqua, due gocce di mela equivalgono a sei gocce d'acqua e via dicendo. Nella corteccia orbitofrontale si sono trovati alcuni neuroni la cui attivit?varia proporzionalmente assieme al valore assegnato all'offerta, indipendentemente dal tipo di bevanda scelto: per esempio, l'attivit?di un neurone specifico risulta bassa quando la scimmia beve una goccia di mela oppure tre gocce d'acqua, ?due volte pi?alta se la scimmia prende due gocce di mela o sei gocce d'acqua, ?tre volte pi?alta se prende tre gocce di mela o nove d'acqua. Insomma, tanto pi?alto ?il valore tanto pi? questi neuroni si attivano. Restano ancora da scoprire, ed ? l'obiettivo di un nuovo studio, i neuroni coinvolti nel processo decisionale, probabilmente esteso ad altre aree.
 
 
In difesa del libero arbitrio
 
 Gli studi di Camillo Padoa-Schioppa e collaboratori peraltro confermano che la scelta pu?prescindere da precedenti esperienze. In un esperimento, la scimmia ?stata posta davanti a cibi nuovi, come papaya e mango, mai offerti prima insieme. Se fosse valida la teoria dei comportamentalisti, secondo la quale ogni scelta risponde ad una sorta di tabella mentale precostituita, la scimmia avrebbe dovuto rispondere in modo casuale e poi imparare piano piano cosa scegliere seguendo un'associazione appresa nel tempo. Invece, la scimmia ha risposto in modo netto fin dalla primissima sessione. Smentendo, cos? la teoria associazionista ( accettata in parte dall'economia classica ) secondo cui la scelta ?un'illusione e tutti i nostri comportamenti sono riflessi condizionati.
 
 
Uno scenario alla Orwell?
 
 Padoa-Schioppa Jr. fuga l'incubo di futuri condizionamenti alla Orwell e spiega come sia impensabile, con le tecniche a disposizione, riuscire a manipolare le preferenze delle persone con un'azione diretta su questi neuroni. Ma le applicazioni pratiche non mancheranno. L'economia ha considerato finora il processo delle decisioni come una scatola chiusa, per necessit? In questo ha avuto delle intuizioni brillanti che adesso vanno portate nello studio del cervello.
 Con esperimenti meno invasivi ( anche se meno precisi ) di quelli effettuati su cavie animali, gli scienziati hanno imparato a "viaggiare" all'interno del cervello umano utilizzando moderne tecniche di imaging quali la risonanza magnetica funzionale ( fMRI ), la tomografia ad emissioni di positroni ( PET ) o la magnetoencefalografia. Strumenti che stanno lentamente portando alla mappatura, funzionale ed anche genetica, del cervello umano, come hanno spiegato gli scienziati riuniti a Firenze per il Congresso mondiale di Human Brain Mapping, conclusosi gioved? 15 giugno 2006. La neuroeconomics ?uno dei campi di applicazione pi? affascinanti. In un tipico esperimento, si chiede al soggetto di fare delle scelte: per esempio se preferisce 4 euro sicuri o una scommessa fra 10 euro o nulla con uguale probabilit? L'attivazione di precise aree del cervello, cos?coma altri parametri ( battito cardiaco, o grado di umidit?alla superficie della pelle, che ?una misura del coinvolgimento emozionale e viscerale ), dimostra quali processi fisiologici si mettono in movimento. Le evidenze scientifiche ci aiutano a comprendere come i soggetti economici si comportano, con implicazioni importantissime. Una fra tutte: come rispondere a chi suggerisce un intervento dello Stato nelle scelte economiche individuali? L'evidenza suggerisce che gli uomini sono guidati in primo luogo da un grande desiderio di libert? e credo che tale desiderio vada rispettato.
 Altra possibile applicazione ?il neuromarketing. Uno degli studi pi?eclatanti in questo campo ? stato condotto da Marco Iacoboni, professore alla Ucla di Los Angeles. Iacoboni e collaboratori hanno misurato con la fMRI l'attivit? cerebrale mentre i soggetti osservavano vari spot pubblicitari e poi li hanno intervistati. Hanno osservato che quello che racconta il cervello spesso ?diverso da ci?che raccontano le persone. Per due fattori principali: da un lato la pressione sociale ( la gente tende a dire quello che ci si aspetta ) e dall'altro il fatto che le nostre motivazioni pi?profonde, i fattori che ci fanno decidere, sono spesso inconsci. Per esempio, gli spot considerati pi?efficaci dai soggetti durante l'intervista davano in realt?risposte deboli nelle aree cerebrali che si attivano per stimoli "rewarding" ( premianti ) o per processi empatici ( che sono i maggiori indicatori dell'efficacia di uno spot ). Viceversa altri spot, non molto menzionati dai soggetti, producevano risposte "robuste".
 L'applicazione pratica pi? immediata, a detta di Iacoboni, ?nel marketing ed anche nel "political consulting", magari spodestando i sondaggisti. I dati neurali, infatti, potrebbero facilitare l'efficacia di campagne commerciali o elettorali. Tenendo presente, per? i condizionamenti esterni. Uno dei meccanismi pi?importanti ?l'imitazione, che ?stata studiata molto. I dati mostrano, per esempio, che alcuni pezzi musicali piacciono di pi?se si sa che piacciono ad altra gente.
  
L'ultima parola all'incertezza
 
 I giornali gi?parlano di "neuroni dello shopping" e perfino di nuove forme di persuasione occulta. Sorgeranno fabbriche del consenso studiate in laboratorio? Decisamente no. In un certo senso il neuromarketing fa il contrario della "persuasione". Persuasione vuol dire modificare i processi decisionali, i sopra citati esperimenti invece non modificano l'attivit?cerebrale dei soggetti: cercano piuttosto di ottenere dati che raccontano cosa la gente pensa e desidera veramente.
 Desideri e scelte che, alla fine, devono pur fare i conti con l'incertezza. Guardiamo alle decisioni economiche importanti, come quale laurea prendere, chi votare, se trasferirsi all'estero. Queste decisioni non sono prese da un processo esplicito, consapevole, da un calcolo. Sono il frutto di un processo inconscio, anche se perfettamente razionale, che richiede la considerazione di fattori complessi. Gran parte di questo processo ? la scoperta di se stessi: cosa vogliamo davvero, di cosa ci consideriamo capaci, quanto siamo disposti a pagare per un sogno. Spesso, non vogliamo neppure sapere la risposta, ma solo che fare. Per questo, forse, prendere decisioni importanti, anche se puramente "economiche", ?quasi sempre accompagnato dall'incertezza. A volte, dal rimpianto.
  
Disponibile ad ogni tipo di chiarimento
Porgo cordiali saluti
 Dott. Lorenzo Polojac