08/02/2005

Carissimo CP,

prendo atto che il dolore fisico non ti impedisce di azzeccarle quasi o pressochè tutte, com’è tuo costume. L’ultima fiamma, che alimenta la mia instancabile e sincera ammirazione nei tuoi confronti, è la tua dichiarazione-proposta di ostracismo alla sinistra, tempestiva e rara prova di coraggio in un generale contesto di stomachevoli e ambigue strizzatine d’occhio preelettorali.

Al tuo elzeviro del due febbraio vorrei solo aggiungere a mo’ di commento una breve asserzione, che ragioni di spazio-tempo mi costringono ad argomentare in modo incompleto. Ebbene: il centrodestra non si rende conto della propria forza, così come della debolezza dell’avversario.

Cominciando da quest’ultima affermazione, chiarirò subito che essa si basa sulla considerazione di tre contraddizioni, ognuna appartenente a un settore diverso, anche se limitrofo, della sfera socio-politica.

  1. Il tema filosofico generale che più caratterizza l’attuale mentalità di sinistra, la conservazione e la difesa delle ‘differenze’, deve convivere con l’altra e opposta pretesa fondante dell’anima della sinistra, cioè l’obiettivo finale e salvifico dell’uguaglianza. Nessuno si preoccupa di chiarire la sequenza di ragionamenti che starebbero alla base di questo strano percorso, il quale, attraverso la valorizzazione della differenza e il suo permanere, dovrebbe portare all’eliminazione della stessa, cioè, se le parole hanno un senso,  all’uguaglianza. Forse nessuno, pensatore o filosofo, si addentra nella questione  proprio perché teme di non uscirne. Forse invece alla sinistra interessa salvare non tutte, ma solo qualche determinata differenza e di raggiungere solo qualche determinato e parziale livello di uguaglianza, che è bene non esplicitare.
  2. Sul terreno più tradizionalmente politico, emerge dalla cronaca quotidiana, anche se non è mai posta in risalto,  l’incongruenza di assumere come priorità il tema dell’emancipazione femminile e nello stesso tempo dimostrarsi incondizionatamente favorevoli a regimi e teocrazie, che anche nelle loro forme più moderate negano nei fatti e nel diritto ogni possibilità di tale emancipazione. Il pieno e incondizionato riconoscimento dell’islam come civiltà implica infatti, checchè se ne dica, la possibilità di guardare ad esso come a un modello, cioè in effetti al Corano, non come sapere e verità assoluta e incontrovertibile, ma come oggetto di possibile interpretazione. Tale interpretazione, comportando aggiornamenti e modernizzazioni, andrebbe per forza nella direzione di un civile progresso, cioè di un divenire storico e sociologico di usi e costumi non casualmente mutevoli, ma passibili di trasformazione in conformità e in armonia con un concetto di bene, o di interesse comune, ben noto e condiviso. A meno che si voglia conferire, in modo decisamente improbabile, il rango e la natura di civiltà a una gigantesca struttura inguaribilmente e inevitabilmente conservatrice, solo a causa del suo peso numerico e della paura che incute.
  3. Il comunismo, numericamente e qualitativamente molto ben rappresentato nel centrosinistra, vuoi come componente interna, vuoi come elemento di sostegno esterno, dà vita a una macrocontraddizione anche dal punto di vista delle politiche economiche e finanziarie. Infatti nella scelta delle linee guida della suddetta coalizione, così come nelle scelta del leader, appare in primo piano, almeno agli occhi dei possibili elettori, la preoccupazione di garantirli dai pericoli insisti in una possibile consistente affermazione del comunismo stesso. La presenza delle componenti neocomuniste in seno all’alleanza di centrosinistra non è in altre parole, o non sembra, vissuta come forza propulsiva da contenere, ma piuttosto come elemento esplosivo da disinnescare, dopo averlo utilizzato ai fini elettorali. Se ciò equivale a riconoscere, finalmente, l’inadeguatezza degli schemi e delle categorie di matrice marxista  al fattore primario che governa la modernità, cioè alla tecnica in tutte le sue forme imprescindibili e dominanti, in definitiva implica anche il riconoscimento di una presenza scomoda, forse non proprio  estranea, ma sicuramente contraddittoria, al proprio interno o al proprio fianco.

Queste tre macroscopiche contraddizioni costituiscono un palese e forse sottovalutato (da entrambe le parti) elemento di debolezza, perché non si pongono hegelianamente come tolte o toglibili, ma si presentano come insolubili e rimangono, nei rispettivi ambiti, irrisolte. L’ irritante silenzio del centrosinistra sulle proprie sopra descritte magagne basta comunque da solo a giustificare come inevitabile  l’ostracismo di cui sopra.

Quanto alla mancata consapevolezza della propria forza da parte del centrodestra, più che analizzarne ora le cause troppo complesse, vorrei accennare a una delle sue manifestazioni più mediaticamente familiari, cioè la inconsulta pretesa di aumentare i telespettatori proporzionalmente o contestualmente agli elettori. Se i primi possono essere, non si sa perché, sinistramente attratti dal sistematico dileggio dei servitori fedeli, dalla becera messa in ridicolo delle autorità, dai comizi e dai processi sommari in forma  pseudo-comica e volentieri si lasciano dare in pasto a pedagoghi di infima schiera (Busi, Volo, Greggio, Luca e Paolo, Costanzo, etc.), affittati dalla controparte e utilizzati come predicatori del più nefasto conformismo politicamente corretto, i secondi ora sognano soltanto, ma presto verranno a pretendere, un azzeramento degli organigrammi e una rifondazione di Mediaset, organo politico a tutti gli effetti, all’insegna della serietà vincente. Un altro luogo comune da sfatare nell’ambito della comunicazione è che le trasmissioni d’informazione e i dibattiti producano più opinione (e guadagnino più voti ) dei  programmi d’evasione e di intrattenimento. Anche questo pregiudizio è un sintomo evidente del fatto che il centrodestra sottostima la propria forza, soprattutto televisiva, e sottostimandola, si comporta da debole, accumulando sconfitte evitabili sul piano politica e abbassando rischiosamente il livelli del prodotto aziendale. Ma chi sono io per dirlo?

Salutandoti fraternamente

Ferruccio Sangiacom