13/02/2007

Stimatissimo Prof. Pelanda,

 

considero oro colato le sue affermazioni nell’articolo pubblicato su il Giornale del 12 febbraio 2007 e prendo spunto dalle sue riflessioni per trarne un paio di considerazioni di natura strategica in chiave di politica per la famiglia:

 

Il problema principale delle coppie di oggi che vogliono prendersi l’enorme responsabilità (economica, finanziaria, oltre che civile e penale) di sposarsi e mettere al mondo dei figli non si risolve con la “mancia” di uno sgravio fiscale. Vediamo perché:

 

Tecnicamente le deduzioni per la “family area” compete in base ad un calcolo complicatissimo che dovrebbe garantire una certa presunta “progressività”, ed ammonta “teoricamente” ad € 2.900 per ciascun figlio a carico.

Il meccanismo della deduzione per oneri di famiglia dal reddito imponibile induce erroneamente a pensare che per ciascun figlio a carico spettino 242 euro al mese di risparmio fiscale.

 

Tuttavia le cose non stanno così e l’elemosina si rivela a conti fatti una clamorosa  presa in giro.

 

Per capire l’incidenza di questa deduzione (non detrazione dall’imposta, ribadiamo, ma deduzione dal reddito imponibile) ci basti illustrare un esempio pratico:

 

Due genitori con reddito imponibile di 28 mila euro ciascuno (ipotesi relativa a due impigati di banca) e due figli a carico, senza altri oneri deducibili:  

La deduzione dal reddito imponibile, effettivamente spettante a ciascun genitore ammonta ad € 1.967, con il seguente risultato:

Se non avessero figli a carico avrebbero ciascuno un reddito netto di € 1.753, con due figli a carico avrebbero un reddito pari ad € 1.798.  Ossia 45 euro di risparmio fiscale mensile per ciascun genitore.

 

Si obietterà che due genitori con quel reddito stanno messi bene, vediamo allora il caso seguente:

 

Un genitore con reddito imponibile fiscale di 28.000 euro annui, due figli minori di tre anni (deduzione teorica massima: 3.450 euro per ciascun figlio) e moglie a carico (deduzione teorica 3.200 euro).

Elaborati i calcoli, il reddito netto mensile senza moglie e figli a carico ammonterebbe ad € 1.753, mentre con moglie e due figli minori di 3 anni a carico, ammonta ad € 1.873 !

 

Ecco il valore che la nostra amministrazione delle finanze dà ad una moglie e due figli a carico: 120 euro al mese ! Ossia 40 euro ciascuno !

 

Il politico di turno si presenta di fronte alle telecamere e dice: “con due figli minori ed una moglie a carico avrete vantaggi fiscali per 10.100 euro”, lo spettatore fa due conti in tasca pensando di risparmiare 842 euro al mese.  In realtà sono 120 nella migliore delle ipotesi.

 

Il vero, grosso, unico problema delle coppie che vogliono sposarsi oggi è la CASA. Non si discute.

Il mercato immobiliare negli utlimi 10 anni è lievitato in maniera vertiginosa (e vergognosa) e senza apparenti buone ragioni. In nessun paese "occidentale" le case costano quanto in Italia.  Soprattutto nelle grandi città.

 

E’ vero che la rendita catastale della prima casa viene dedotta del reddito, ma il suo effetto in dichiarazione è neutro. La rendita viene sommata al reddito complessivo e dedotta dal reddito imponibile. Però sulla prima casa si pagano:

 

Per l’acquisto: il notaio, l’imposta di registro (3%) o alternativamente l’IVA (4%), le imposte ipotecarie e catastali (€ 168 + € 168), e magari anche la provvigione per l'intermediazione dell'agente immobiliare; per la gestione: l’ICI (la cui incidenza, stante l’imminente rivalutazione degli estimi catastali è destinata ad aumentare sensibilmente) e dulcis in fundo:  fior di interessi alle banche per la contrazione di un mutuo (oltre alle relative spese vive).

 

Un mutuo di 250.000 euro (il minimo per acquistare una casa in cui dimori una famiglia media), al tasso annuo del 5,5% per 30 anni costa la bellezza di 1.420 euro al mese ! Come la mettiamo con quel padre di famiglia che ha un posto in banca, la moglie e due pargoletti a carico ? Dal reddito netto di € 1.873 tolte le spese per il mutuo ne rimangono 453 !!! Um pò pochini per mantenere una moglie e due figli ...

Mentre in quei 30 anni al sistema bancario vanno nominali € 261.000 (dico euro duecentosessantunomila)  di interessi a fronte di 250.000 euro di prestito!

 

Allora la conseguenza unica e sola delle Sue sagge considerazioni è la seguente:

Se vogliamo fare una vera politica per la famiglia (e per di più senza costi per lo Stato) dobbiamo eliminare la demogagia della deduzione fiscale per la “family area”, e salvaguardare la famiglia dal circuito perverso della schiavitù dal sistema bancario.

Lo stato dovrebbe  garantire per ogni coppia che decida di fondare una famiglia, un mutuo a TASSO ZERO di 250.000 euro per 30 anni, garantendosi solo la copertura dall’inflazione (circa il 2,5% annuo). Ipotecando l’immobile fino al pagamento dell’ultima rata, e quindi avendo come contropartita del credito concesso, un immobile iscritto in bilancio al valore di mercato. E sarebbe una bella garanzia visto che i prezzi delle case continuano a lievitare !

In tal modo  senza rimetterci un euro  garantirebbe alla famiglia il bene più prezioso. Con l’effetto virtuoso di liberare le famiglie da una delle principali cause di separazione e divorzio. Quella dell’insicurezza e della dipendenza da un fardello mensile spesso al limite della sostenibilità.

 

Questo mutuo costerebbe ad ogni famiglia 990 euro mensili, allo Stato ZERO (è solamente un’impegno di natura finanziaria, non economica).

Con opportuni correttivi legati al reddito dei coniugi si determinerebbe l’ammontare massimo concedibile di mutuo e/o la rata mensile, magari variabile in funzione di eventuali incrementi di reddito e magari la casa potrebbe considerarsi “retrocedibile” in caso di sopravvenuto possesso di altra casa ad altro titolo (successione o donazione). Altri correttivi per evitare speculazioni potrebbero riguardare l’obbligo di dimora o limiti alla possibilità di concedere la casa in locazione.

Si potrebbe, per le coppie meno abbienti, anche pensare ad un mutuo effettivamente a tasso zero, mettendo al riparo le famiglie con redditi bassissimi dai rischi di un’improvvisa inflazione (fenomeno paragonabile ad un’imposta “regressiva” ossia che colpisce in misura maggiore chi ha redditi più bassi).

In tal caso un muto da 250.000 euro per 30 anni costerebbe 695 euro al mese.

 

Perché le banche devono lucrare sul bene più prezioso (la casa) per l’istituzione più sacra (la famiglia), quando dovrebbe essere interesse primario dello Stato sottrarle da quel giogo ?

Se tale beneficio fosse limitato alle coppie eterosessuali e solo per le prime nozze, ben vengano poi i PACS o i DICO.

 

L’Europa vieta i c.d. “aiuti di stato” alle imprese oltre certe soglie ed al di fuori di alcune zone economicamente depresse, ma grazie a Dio ancora non vieta gli aiuti alle famiglie.

Certo la resistenza delle lobbies bancarie potrebbe risultare fatale per chi si presentasse alle elezioni con uno slogan del tipo “Mutuo a tasso zero per la prima casa”.

Ma in Italia un genio folle capace di sostenere una simile proposta ce l’abbiamo. E’ vivo e vegeto, e farebbe il pieno di voti.

 

Cari saluti,

Andrea Canevari

Roma