Stimatissimo
Prof. Pelanda, considero
oro colato le sue affermazioni nell’articolo pubblicato su il
Giornale
del 12 febbraio 2007 e prendo spunto dalle sue riflessioni
per trarne un paio di considerazioni di natura strategica in chiave di
politica per la famiglia: Il
problema principale delle coppie di oggi che vogliono prendersi
l’enorme responsabilità (economica, finanziaria, oltre che civile
e penale) di sposarsi e mettere al mondo dei figli non si risolve con la
“mancia” di uno sgravio fiscale. Vediamo perché: Tecnicamente
le deduzioni per la “family
area” compete in base ad un calcolo complicatissimo che
dovrebbe garantire una certa presunta “progressività”, ed ammonta
“teoricamente” ad € 2.900 per ciascun figlio a carico. Il
meccanismo della deduzione per oneri di famiglia dal reddito imponibile
induce erroneamente a pensare che per ciascun figlio a carico spettino
242 euro al mese di risparmio fiscale. Tuttavia
le cose non stanno così e l’elemosina si rivela a conti fatti una
clamorosa presa in giro. Per
capire l’incidenza di questa deduzione (non detrazione dall’imposta,
ribadiamo, ma deduzione dal reddito imponibile) ci basti illustrare un
esempio pratico: Due
genitori con reddito imponibile di 28 mila euro ciascuno (ipotesi
relativa a due impigati di banca) e due figli a carico, senza altri
oneri deducibili: La
deduzione dal reddito imponibile, effettivamente spettante a ciascun
genitore ammonta ad € 1.967, con il seguente risultato: Se
non avessero figli a carico avrebbero ciascuno un reddito netto di €
1.753, con due figli a carico avrebbero un reddito pari ad € 1.798.
Ossia 45 euro di risparmio fiscale mensile per ciascun genitore. Si
obietterà che due genitori con quel reddito stanno messi bene, vediamo
allora il caso seguente: Un
genitore con reddito imponibile fiscale di 28.000 euro annui, due figli
minori di tre anni (deduzione teorica massima: 3.450 euro per ciascun
figlio) e moglie a carico (deduzione teorica 3.200 euro). Elaborati
i calcoli, il reddito netto mensile senza moglie e figli a carico
ammonterebbe ad € 1.753, mentre con moglie e due figli minori di 3
anni a carico, ammonta ad € 1.873 ! Ecco
il valore che la nostra amministrazione delle finanze dà ad una moglie
e due figli a carico: 120 euro al mese ! Ossia 40 euro ciascuno ! Il
politico di turno si presenta di fronte alle telecamere e dice: “con
due figli minori ed una moglie a carico avrete
vantaggi
fiscali per 10.100 euro”, lo spettatore fa due conti in tasca pensando
di risparmiare 842 euro al mese. In
realtà sono 120 nella migliore delle ipotesi. Il
vero, grosso, unico problema delle coppie che vogliono sposarsi oggi è
la CASA. Non si discute. Il
mercato immobiliare negli utlimi 10 anni è lievitato in maniera
vertiginosa (e vergognosa) e senza apparenti buone ragioni. In nessun
paese "occidentale" le case costano quanto in Italia. Soprattutto
nelle grandi città. E’
vero che la rendita catastale della prima casa viene dedotta del
reddito, ma il suo effetto in dichiarazione è neutro. La rendita viene
sommata al reddito complessivo e dedotta dal reddito imponibile. Però
sulla prima casa si pagano: Per
l’acquisto: il notaio, l’imposta di registro (3%) o alternativamente
l’IVA (4%), le imposte ipotecarie e catastali (€ 168 + € 168), e
magari anche la provvigione per l'intermediazione dell'agente
immobiliare; per la gestione: l’ICI (la cui incidenza, stante
l’imminente rivalutazione degli estimi catastali è destinata ad
aumentare sensibilmente) e dulcis in fundo:
fior di interessi alle banche per la contrazione di un mutuo
(oltre alle relative spese vive). Un mutuo di 250.000 euro (il minimo per acquistare una casa in cui dimori una famiglia media), al tasso annuo del 5,5% per 30 anni costa la bellezza di 1.420 euro al mese ! Come la mettiamo con quel padre di famiglia che ha un posto in banca, la moglie e due pargoletti a carico ? Dal reddito netto di € 1.873 tolte le spese per il mutuo ne rimangono 453 !!! Um pò pochini per mantenere una moglie e due figli ... Mentre in quei 30 anni al sistema bancario vanno nominali € 261.000 (dico euro duecentosessantunomila) di interessi a fronte di 250.000 euro di prestito!
Allora
la conseguenza unica e sola delle Sue sagge considerazioni è la
seguente: Se vogliamo fare una vera politica per la famiglia (e per di più senza costi per lo Stato) dobbiamo eliminare la demogagia della deduzione fiscale per la “family area”, e salvaguardare la famiglia dal circuito perverso della schiavitù dal sistema bancario. Lo
stato dovrebbe garantire
per ogni coppia che decida di fondare una famiglia, un mutuo a TASSO
ZERO di 250.000 euro per 30 anni, garantendosi solo la copertura
dall’inflazione (circa il 2,5% annuo). Ipotecando l’immobile fino al
pagamento dell’ultima rata, e quindi avendo come contropartita del
credito concesso, un immobile iscritto in bilancio al valore di mercato.
E sarebbe una bella garanzia visto che i prezzi delle case continuano a
lievitare ! In tal modo senza rimetterci un euro garantirebbe alla famiglia il bene più prezioso. Con l’effetto virtuoso di liberare le famiglie da una delle principali cause di separazione e divorzio. Quella dell’insicurezza e della dipendenza da un fardello mensile spesso al limite della sostenibilità. Questo
mutuo costerebbe ad ogni famiglia 990 euro mensili, allo Stato ZERO (è
solamente un’impegno di natura finanziaria, non economica). Con
opportuni correttivi legati al reddito dei coniugi si determinerebbe
l’ammontare massimo concedibile di mutuo e/o la rata mensile, magari
variabile in funzione di eventuali incrementi di reddito e magari la
casa potrebbe considerarsi “retrocedibile” in caso di sopravvenuto
possesso di altra casa ad altro titolo (successione o donazione). Altri
correttivi per evitare speculazioni potrebbero riguardare l’obbligo di
dimora o limiti alla possibilità di concedere la casa in
locazione. Si
potrebbe, per le coppie meno abbienti, anche pensare ad un mutuo
effettivamente a tasso zero, mettendo al riparo le famiglie con redditi
bassissimi dai rischi di un’improvvisa inflazione (fenomeno
paragonabile ad un’imposta “regressiva” ossia che colpisce in
misura maggiore chi ha redditi più bassi). In tal caso un muto da 250.000 euro per 30 anni costerebbe 695 euro al mese. Perché
le banche devono lucrare sul bene più prezioso (la casa) per
l’istituzione più sacra (la famiglia), quando dovrebbe essere
interesse primario dello Stato sottrarle da quel giogo ? Se tale beneficio fosse limitato alle coppie eterosessuali e solo per le prime nozze, ben vengano poi i PACS o i DICO. L’Europa
vieta i c.d. “aiuti di stato” alle imprese oltre certe soglie ed al
di fuori di alcune zone economicamente depresse, ma grazie a Dio ancora
non vieta gli aiuti alle famiglie. Certo
la resistenza delle lobbies bancarie potrebbe risultare fatale per chi
si presentasse alle elezioni con uno slogan del tipo “Mutuo a tasso
zero per la prima casa”. Ma
in Italia un genio folle capace di sostenere una simile proposta ce
l’abbiamo. E’ vivo e vegeto, e farebbe il pieno di voti. Cari
saluti, Andrea
Canevari
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