30/12/2008

Egregio Dott. Pelanda,


Premetto che sono un piccolo imprenditore con attività in diversi
settori e che giro il mondo da parecchi anni per le mie attività.
Ho letto oggi su " La Voce di Romagna" un titolo in prima pagina
che recita: Manca l'Europa, è questo il vero problema.
Ho quindi aperto il giornale e letto l'articolo che condivido, ma
a mio avviso, le due soluzioni da Lei proposte non credo siano
sufficienti per risolvere la crisi in atto ( e sopratutto quella
che arriverà ).
La crisi che proviene dall'Amerca e che sta dilagando in tutti il
mondo, è una crisi partita dal settore finanziario ma che sta
investendo in maniera virulenta tutta l'economia reale e non solo
quella fittizia ( che io chiamo di plastica )della finanza.
Non è la prima volta che ci troviamo di fronte al crollo del sistema
finanziario, basta tornare indietro di qualche lustro per ricordarci
che molte persone anzichè andare in ufficio, andavano in banca ed in
poche ore guadagnavano più del loro stipendio facendo solo qualche
operazione di borsa. Poi tutto è crollato e chi è rimasto con il cerino
in mano ha ancora le dita bruciate.
Quella crisi ha determinato la quasi scomparsa del sistema produttivo
degli Stati Uniti, infatti da allora l'America ha portato in Cina la
quasi totalità della produzione dei beni di consumo.
L'Europa, invece, grazie anche alla caduta dell'impero sovietico ha
creduto nella produzione e si è impegnata a rimodernare il proprio
sistema produttivo, per cui oggi si trova, a differenza degli USA,
con un apparato produttivo moderno e di alta efficienza.
E vengo al punto: Manca l'Europa.
A mio avviso,  non possiamo attendere la ripresina americana
con l'utilizzo degli ammortizzatori sociali ( CIG )e poi aspettare
ancora fino a quando il piano di opere pubbliche andrà a regime.
Come giustamente Lei scive, bisogna trovare " qualcosa per pompare la
crescita intereuropea ".
L'Europa ha un sistema produttivo molto efficiente da difendere e non
possiamo lasciarlo morire.
Purtroppo manca l'Europa intesa come unità politica e con un interesse
comune; ognuno dei 27 governi europei ha interesse affinchè arrivino
dalla Cina ( ed ora anche dall'India, Vietnam ecc ),chi  un prodotto e
chi  un altro: i paesi del nord europa possono essere  interessati a
fare arrivare prodotti di abbigliamneto e calzature tanto loro non
sono produttori, altri paesi possono essere interessati a fare arrivare
i prodotti di cui loro stessi non sono produttori, ma così facendo non si
difende l'apparato produttivo europeo, anzi si distrugge allo stesso modo
che è stato distrutto l'apparato produttivo negli Stati Uniti. Basti
pensare che il 70 % delle merci vendute dal colosso Wal-Mart proviene
dalla Cina.
Piuttosto che pensare di gravare i cittadini europei con delle imposte
per sostenere la cassa integrazione ( o settimana corta o altre
forme di assistenza necessaria ), non sarebbe meglio mettere un freno
all'importazione libera di ogni genere di prodotto ? E' vero che le
merci europee sono più care, ma se pensiamo che ogni volta che acquistiamo
un prodotto cinese, mettiamo in cassa integrazione la nostra manodopera
e quindi dobbiamo pagare più tasse per sostenerla, non sarebbe meglio
limitare/ contingentare/ daziare le merci importate da quei paesi oltre
un certo limite ?
I nostri prodotti in quei paesi non sono di libera importazione, ma sono
soggetti a dazi a volte altissimi, quindi non vedo il motivo per cui noi
non dovremmo proteggerci.
Così facendo potremmo rimettere in moto l'apparato produttivo europeo
che è ancora ben oliato e pronto a ripartire; viceversa se aspettiamo di
cassintegrare gli europei, distruggendo la macchina produttiva faremo
la fine dell'industria manifatturiera americana.
Non ce lo possiamo permettere.
Qui è l'Europa ( politica ) che manca e queste misure ( politiche )
potrebbero  essere quel qualcosa per pompare la crescita intereuropea.
Chiedo scusa per il disturbo ed il modo disordinato di esporre le mie
idee.
Cordialmente

Piero Tonelli