Dopo il fallimento di Monti serve un progetto nazionale fortissimo


Di Carlo Pelanda (26-6-2012)


Ho davanti a me uno scenario piuttosto accurato delle tendenze economiche italiane se restano costanti le attuali condizioni: rigore ottenuto con aumento delle tasse che deprime la crescita, debito denominato di fatto in moneta straniera perché la Bce non lo garantisce, cambio decompetitivo, vincoli eccessivi al mercato, costi sistemici troppo elevati, crisi bancaria latente e debito troppo elevato in relazione al Pil. Senza cambiamenti è certa la deindustrializzazione irreversibile della nazione in meno di un decennio. Parola di ricercatore specializzato in scenaristica economica, pronto a difendere l’analisi dovunque. Altri colleghi professori che stanno al governo la pensano diversamente? Monti certamente vede lo scenario che ho qui accennato, ma ritiene che vi sia una soluzione europea: eurobond o simili che garantiscano il debito italiano chiudendone la crisi di affidabilità che ne aumenta i costi di rifinanziamento e la spesa per interessi (verso i 100 miliardi annui) ed una graduale riforma di efficienza del modello italiano. Potrebbe funzionare, non va negato. Ma la Germania dovrebbe cambiare idea sulla confederalizzazione delle garanzie debitorie europee e sul divieto alla Bce di comprare titoli di Stato. Il problema è che non sta cambiando idea, pur attutendo alcune posizioni per timore che l’euro salti per davvero, e che non la cambierà, per lo meno fino alle elezioni politiche del settembre 2013 o ad un millimetro prima che saltino l’Eurozona e la Ue. Pertanto Monti segue una strategia di soluzione europea dove però manca l’Europa. La Francia sembrava fare corpo con l’Italia e la Spagna per pressare la Germania verso più pragmatismo, ma Hollande ha preferito negoziare sottobanco con Merkel il solito accordo speciale: Berlino lascerà che Parigi non rispetti il rigore in cambio della sua non interferenza con i diktat tedeschi. Ciò verrà confermato riservatamente tra poche ore in un incontro bilaterale prima dell’eurosummit del 28 giugno. La Spagna ha ottenuto il salvataggio delle banche in forme anomale e con certo vantaggio in cambio della sua sudditanza a Berlino. Infatti il vertice a 4 a Roma è andato male. Monti è stato umiliato dalla frettolosità di Hollande e Merkel. Peggio, ha dovuto aderire alla proposta francese di imporre la Tobin Tax alle transazioni finanziarie, cosa che significa escludere il Regno Unito dall’Europa mentre Monti ha tentato di mantenerlo incluso in una intelligente strategia di mettere l’Italia al centro delle intermediazioni europee per ottenere sconti e vantaggi. Ma tale strategia appare fallita. E se lo è significa che l’Italia dovrà autoannettersi al Reich senza poter negoziare compensazioni e pagando una tassa che la manderà in depressione duratura, fino, appunto, alla deindustrializzazione finale. Se non cambiamo questa traiettoria moriremo certamente. Monti provi a fare qualcosa di più in Europa e, in caso, resteremo sulla sua strategia. Ma temo fallirà ed allora è doveroso avvertire che non ci resterà altro che un progetto nazionale di riordino, lacrime e sangue, ma che ci darà un futuro e l’indipendenza. La buona notizia è che sarebbe tecnicamente fattibile: (a) Taglio in 5 anni di 150 miliardi di spesa e tasse; (b) operazione patrimonio contro debito che abbatta il secondo di almeno 500 miliardi in un triennio, senza effetti recessivi, considerando che il patrimonio disponibile, fatto di immobili, partecipazioni, concessioni, nazionali e locali, ha un valore di circa 800 miliardi; (c) liberalizzazioni sostanziali. Con tali misure certamente torneremmo alla crescita e ripagheremmo il debito nel rispetto del pareggio di bilancio. Ma la brutta notizia è che nessun politico, ora, sembra avere testa e palle per aggregare consenso su questo progetto nazionale fortissimo. Direi che è ora di chiamare a gran voce sui giornali nuovi leader e partiti che sappiano fare quanto qui detto.

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