La trasformazione dell’America da impero a garante per l’area islamica

 

Di Carlo Pelanda (3-4-2007)

 

 

Il punto di svolta dello scenario mediorientale è stato determinato dalla decisione dei sauditi (sunniti) di attuare un contenimento attivo dell’espansionismo iraniano sciita. Pur nei limiti di durata degli accordi in tale area, si può annusare il seguente scambio: i sauditi aiuteranno Israele nel confronto con i palestinesi e in cambio gli americani eserciteranno la pressione sufficiente per far cadere o disinnescare Ahmadinejad. Da tempo è noto agli analisti che i sauditi impauriti dall’Iran stanno convergendo con gli americani. Ma non è ancora chiaro il raggio di tale cointeressenza. Pare molto ampio. Con tutta la prudenza possibile si può ipotizzare che l’interesse saudita sia quello di aiutare Washington a stabilizzare l’Iraq e che ciò aumenterà le probabilità di vittoria di Bush. Per esempio, la decisione delle tribù sunnite di eliminare Al Qaeda in Iraq, di accordarsi con il governo e di convincere gli irriducibili a desistere dalla guerriglia è un sintomo della svolta. Ma fin dove arriverà la pressione americana contro Ahmadinejad? Molti si aspettano un atto bellico aperto finalizzato all’annichilazione delle forze armate iraniane e dei siti nucleari e missilistici. Certamente è una delle opzioni. E certamente sarebbe gradita ai Saud perché toglierebbe i denti all’Iran almeno per un decennio. Ma è un’opzione secondaria per gli americani. Quella primaria è di portare la pressione fino a convincere le èlite iraniane a scaricare Ahmadinejad e a mettere al potere un leader meno aggressivo. In tal modo l’America diventerebbe garante sia dell’Arabia sia interlocutore dell’Iran e, con la sua influenza su Israele, la potenza di riferimento dell’area. Washington sembra puntare più a questo risultato politico silenzioso che non ad azioni clamorose. Se vero e realizzabile, infatti, tale posizionamento avrebbe come conseguenza la pacificazione dell’Iraq, la normalizzazione delle relazioni con l’Iran. Forse la pace tra Siria ed Israele e la secondarizzazione degli Hezbollah nonché di Hamas. Con tale risultato Washington potrebbe concentrarsi sulla questione più pericolosa all’orizzonte: il rovesciamento da parte di forze quaediste del regime di Musharraf in Pakistan. E’ interessante notare che né l’Iran né l’Arabia saudita sarebbero felici di vedere Al Qaeda dotata delle armi nucleari pakistane e che l’America è l’unica forza in grado di evitarlo, se aiutata. La aiuteranno? Presto per dirlo, ma prende probabilità uno scenario dove l’America verrà percepita come potenza di garanzia nell’area islamica e non come impero ostile. Conviene agli ayatollah moderati iraniani ed ai sauditi. E a noi.  

Carlo Pelanda