C’è un vuoto nel mercato del cinema che l’Italia potrebbe riempire
Di Carlo Pelanda (22-5-2007)
A Hollywood
la finanziarizzazione della produzione dei film ne sta degradando la qualità
spettacolare. Gli investitori puntano su film che riducano il rischio di
dissensi e ciò fa uscire un cinema buonista o banale basato sui sondaggi. Ma
questi misurano il conformismo delle espressioni linguistiche e non certo il
vero sentire. Ricerche che costano molto di più, quindi rare, mostrano una
domanda crescente nell’area occidentale di emozioni e simboli fortissimi,
quindi di film epici. Alcune produzioni hanno capito il problema, ma reagiscono
ripresentando vecchi successi, Rambo 4, Spiderman 3, ecc., X Men 3, ecc.,
pietosamente, senza tentare novità fortissime. Cannes mostra la crisi
perdurante di un cinema europeo inteso come strumento di educazione politica
invece che di spettacolo emozionante. Bollywood ed il cinema cinese stanno
emergendo come massa produttiva, ma restano ancorati ai loro mercati etnici. Il
punto: c’è un momento di vuoto nel mercato che lo rende predisposto a premiare
chi tiri fuori la novità. In particolare, mancano: (a) strumenti più evoluti
per il finanziamento di singoli film; (b) contenuti epici; (c) film storici,
rilevanti perché i simboli forti piacciono senza dissensi se presentati come
passato; (d) film musicali. Probabilmente è ridicolo chiedersi come il cinema
italiano potrebbe approfittare di tale situazione visto il suo stato di
carrozzone assistito, ma questa rubrica ha una immensa fiducia nel genio italico
e vale la pena tentare. Non è uno scenario, ma un piano di business. Prima di
tutto andrebbero detassati i proventi degli investimenti sul cinema per
attrarre in Italia le produzioni da tutto il mondo. Poi, l’idea principale,
andrebbe creata
Carlo Pelanda