In Europa riappare la fiducia
Di Carlo Pelanda (10-4-2006)
I dati
dell’economia europea stanno migliorando. A Vienna, durante la riunione
dell’Ecofin c’è stato un clima di moderato
ottimismo. La locomotiva tedesca, dopo essere stata ferma per quattro anni,
ricomincia a marciare pur a mezza velocità ed a trainare anche il resto dell’eurozona,
l’Italia più di tutti in quanto economia molto influenzata (per l’export)
dalla situazione in Germania. A dati correnti proiettati, infatti, si prevede
una crescita continentale media attorno al 2%. Non è gran che se rapportato al
9% tendenziale di Cina ed India ed al 3,5% americano, ma per l’area euro, in
base alla stagnazione dal
L’enfasi
sulla fiducia non appaia un riferimento troppo generico. Al contrario, si tratta
di un requisito essenziale di governo. Per esempio, in Francia l’ansietà di
massa, la paura del futuro, ha influenzato la mobilitazione di massa contro una
proposta di legge (sul primo impiego) che tendeva a facilitare l’ingresso dei
giovani nel mondo del lavoro. Il clima di sfiducia ha provocato un grande
equivoco: la flessibilità che incentiva le
assunzioni – come ha fatto la legge Biagi in
Italia - è stata interpretata come precarietà. E
tra flessibilità di un contratto di lavoro e precarietà la differenza non è
“tecnica”, ma psicologica. Se uno crede che nel
futuro prossimo le opportunità economiche aumenteranno, allora vedrà con
favore tutto ciò che sburocratizza i contratti di
lavoro. Se sarà pessimista valuterà come incertezza tutto ciò che non sia
un posto (pur illusoriamente) garantito e si
accontenterà di un basso salario in cambio della apparente sicurezza. Se c’è
paura i governi – siano di destra o di sinistra -
non possono fare leggi di stimolazione del mercato a causa del dissenso. Tale
clima, per esempio, ha reso necessaria una “grande
coalizione” tra destra e sinistra in Germania: trovare una formula di rilancio
che possa essere anche percepita come mantenimento delle tutele in modo tale da
ottenere il consenso sufficiente per essere applicata. Con
la priorità di riuscire a dare lavoro a quasi 5 milioni di disoccupati,
situazione di vera emergenza che ha, appunto, costretto i partiti a mettere in
priorità una logica di salvezza nazionale su quella dei confini politici.
E grazie a Dio sta funzionando pur nei limiti tipici
dei compromessi. Ma almeno un “rilancino”
economico tedesco, e quindi europeo complessivo, ci sarà. Cosa
potrebbe interromperlo? Tolte le grandi
crisi globali – mai escludibili, ma anche imprevedibili – potrebbe
essere fatale un errore di politica monetaria da parte della Banca centrale
europea: raffreddare l’economia aumentando i costi del denaro, cioè del
credito, degli interessi sul debito e dei mutui delle famiglie.