Il mutamento climatico imporrà un ambientalismo artificialista, ma incerto tra ecosoluzioni di destra o sinistra

 

Di Carlo Pelanda (5-7-2005)

 

 

Tormentone nei club futurizzanti. Il clima potrà cambiare in un paio di secoli: è più razionale predisporre una strategia di  ecocontrollo dell’intero pianeta oppure adattare gli insediamenti, uno per uno, affinché gli umani possano viverci tranquillamente, schermati, qualsiasi cosa succeda? Per esempio, se la Corrente del golfo si interromperà perché il riscaldamento globale che scioglie i ghiacci artici riduce la salinità delle acque, allora l’Europa e parte dell’America andranno in glaciazione. Lo scenario specifico, al momento, ipotizza tale evento entro un secolo. Altre macrodiscontinuità climatiche in evoluzione annunciano un mutamento globale del substrato a cui si sono adattati i sociosistemi nei secoli scorsi. Per salvarli, appunto, o si costruisce un ecosistema artificiale unico o tanti piccoli microsistemi che si adattino a qualsiasi variazione in base alle circostanze. Tutti possono partecipare al concorso di idee inviandole al sito carlopelanda.com che le pubblicherà. L’invito è esteso anche ai non-futurizzanti perché il tema si sta rivelando un divertente test ideologico. I futurizzanti asiatici preferiscono di gran lunga la prima opzione, alcuni con la motivazione parabuddista che questa dovrà per forza costringere le nazioni a produrre un’armonia: pace perenne grazie alla pioggia programmata ed al termostato planetario. Tra gli occidentali, chi preferisce la soluzione ecototale, ovviamente gestita dall’Onu, sono quelli che si dichiarano di sinistra. I verdi non si sa cosa pensino perché escludono a priori qualsiasi artificializzazione ed insistono per ridurre le emissioni pur queste non causa principale dell’ecomutamento. Battuta: all’aumentare di problemi ecologici veri diminuisce la rilevanza dell’ambientalismo naturalista. Infatti lo scenario futuro più probabile è che l’ambientalismo diventerà artificialista, ma dividendosi tra soluzioni totalitarie e individualiste. Esempio delle seconde, infatti, è la scelta ecoliberista di non tentare un controllo climatico planetario, ma di dotare le singole città, case, infrastrutture, mezzi di trasporto, di capacità di adattarsi a qualsiasi clima. Nelle simulazioni (matrice di Ashby) tale soluzione ridurrà meglio la vulnerabilità complessiva del sistema umano perché manterrà elevata la varietà e la concorrenza tra ecosoluzioni. Conseguentemente questa rubrica la sposa, ma il tema tecnico si incrocia a quello ideologico ed il secondo influenza troppo il primo. Sarà utile imparare già da ora a trattare più razionalmente la relazione tra tecnica ed ideologia perché questo perfido pianeta ci lascerà pochi margini di errore.

Carlo Pelanda