Roma non ha un problema di
esclusione, ma di come realizzare la propria ambizione geopolitica
Di Carlo Pelanda (27-1-2004)
Il problema non è il mancato
invito dell’Italia al tavolo di consultazione tra Francia, Germania e Regno
Unito. E’ fastidioso perché segnala che i tre grandi non vogliono riconoscere a
Roma un ruolo alla pari, cosa che dura dal 1861. Ma, di per se, non pregiudica
interessi vitali dell’Italia. Questa, per esempio, ha la possibilità di
bloccare qualsiasi politica europea che non le aggradi. Il punto: non c’è una
prospettiva di danni, ma cresce il rischio di non ottenere gli ambiziosi
vantaggi perseguiti da Roma a partire dal 2002. Quali? Le aperture di
Berlusconi alla Turchia e ad Israele erano un tentativo di collocare l’Italia al
centro della politica mediterranea, area di nostro interesse prioritario. Ma
Francia e Germania non vogliono che Roma prenda una tale posizione che le
depotenzierebbe. E Londra – il cui bilaterale con Israele è pessimo - non ha
gradito che Gerusalemme abbia definito Roma come partner europeo principale
perché ciò prefigura un triangolo Usa-Israele-Italia che lede interessi inglesi
sia globali sia settoriali. Su questo piano i “tre grandi” faranno di tutto per
interrompere la manovra italiana. Non è stata gradita nemmeno la buona
relazione tra Italia e Russia per analoghi motivi. Roma, poi, ha provocato una
debacle per Parigi e Berlino quando ha preso una netta posizione atlantica:
senza la sudditanza di Roma la diarchia non ha avuto forza sufficiente per rappresentare
“l’Europa”. E una nuova Waterloo alla Francia: questa, durante i governi
dell’Ulivo, ottenne di francesizzare i settori economici strategici italiani in
cambio dell’accesso all’euro, cosa che avrebbe dato a Parigi la scala per
superare i tedeschi e orientare l’Europa a bilanciamento sostanziale e non solo
nominale degli Usa. Berlusconi fece naufragare il sogno francese e perfino
tentò di trasformare alcune prede italiane in predatori, per esempio
Finmeccanica. In sintesi, l’Italia posizionata fino all’autunno del 2001 – con
garanzia di èlite italiane – come vassalla dei franco-tedeschi si è liberata
dal giogo ed ha “aperto” opzioni per una propria politica di potenza. Da
applauso, ma gli altri europei mai lasceranno che le “chiuda”. Infatti dalla metà
del 2003 Roma è in stallo, evidentemente indecisa se continuare fino in fondo o
rientrare. Questa rubrica raccomanda di insistere migliorando il bilaterale con
gli Usa e con Israele in modo da avere la forza che ancora manca per bilanciare
Parigi e Berlino e condizionare Londra. Ma c’è da chiarire se la politica
estera la fa Palazzo Chigi o il Quirinale. Segnalazione che anche questa
rubrica attende per poter individuare lo scenario.
Carlo Pelanda