Non è ancora possibile scommettere sul quando e se vi sarà l’attacco americano a Saddam

 

Di Carlo Pelanda (4-5-2002)

 

 

 

Dies Irak. Nella comunità degli analisti fioccano le scommesse sull’eventuale spallata americana a Saddam. Non vuol dire che lo scenario palestinese-israeliano abbia perso rilevanza e puntate. Ma la fresca cooperazione tra il “reggente” saudita e “co-manovratore” di Arafat, Abdullah, e l’amministrazione Bush per riordinare la scacchiera mediorientale tende a ridurne il tasso di sorprese, pur vulcano sempre attivo. Non stanno nemmeno diminuendo le poste sulla cattura di bin Laden, ieri dato tra la valle di Tirah ed il Warizistan e braccato da un migliaio di inglesi addestrati nella caccia alla volpe, anzi. Ma è la data dello showtime in Irak il tormentone che eccita di più le menti indagatrici. Questa rubrica, pur sportiva, non se la sente, tuttavia, di scommettere sulla materia perché ancora troppo sfumata. Per esempio, c’è una periodicità sospetta nei “leaks” (sgocciolamenti) sui media che annunciano piani di invasione. L’ultimo, considerato uno scoop dal New York Times mentre era uno dei tanti scenari di pianificazione ipotetica, posponeva l’iniziativa ai primi del 2003. Quello che scrivono i giornali non è certo fonte dati, ma le info fatte filtrare sì. E da mesi si nota la tendenza ad abituare il pubblico ad un rinvio. Ma con simile frequenza viene, d’altra parte, ribadita la volontà imperiale di abbattere Saddam. Tre scenari: (a) si preparano le opzioni militari, si andrà, ma con tempi segnati dalla stabilizzazione diplomatica dell’area; (b) l’azione annunciata nel futuro copre un’azione corrente e riservata di destabilizzazione; (c) la minaccia serve a spaventare il regime per fargli dare garanzie non-proliferative, e petrolio, senza doverlo piallare subito. La prima opzione è indebolita dal fatto che l’accordo con i sauditi comunque dovrà tener conto della difficoltà di far digerire l’attacco all’opinione islamica ed europea senza un “casus belli” vistoso. Giovedì è stato ufficializzato dagli Usa che Mohammed Atta non incontrò agenti irakeni a Praga e ciò segnala una decompressione offensiva. Della seconda si può dire evidentemente poco, ma che da febbraio il Dipartimento di Stato non dia i soldi alla televisione satellitare (Liberty TV) dell’opposizione irakena è un segnale deprobabilizzante. La terza ha una probabilità crescente, ma non ancora elevata. Gli altri due dell’Asse del male, Corea del Nord e Iran, sono terrorizzati dall’idea di venir bastonati e, sottobanco, si stanno arrendendo. Lo stesso stanno tentando di fare gli irakeni. Ma lo scenario più probabile è che (d) Bush tenga aperte tutte e tre le opzioni riservandosi di decidere ad hoc. Pertanto non quotabile, ora, da un bookmaker.