I ricchi dovranno pagare una tassa globale per la sicurezza, ma con una formula di bilanciamento tra generosità e controllo che solo il G8 può assicurare

 

Di Carlo Pelanda (20-4-2002)

 

 

 

Sta affermandosi l’idea che i paesi ricchi debbano spendere più risorse a favore di quelli poveri. Nominalmente per solidarietà, realisticamente per aumentare la propria sicurezza in un sistema globale che non permette più di isolare i focolai di infezione. Anche se il terrorismo non è correlato direttamente al sottosviluppo, tuttavia disordine e povertà possono dargli santuari, truppe e consenso. In generale, le nazioni disordinate (un centinaio) esportano in quelle più avanzate malattie, ondate di emigrazione, necessità di interventi bellici e relativi riarmi. Soprattutto, la televisione importa direttamente nelle case della classe media occidentale le immagini di sofferenze che mobilitano una pressione umanitaria e/o interventista. In sintesi, è chiaro ai ricchi che convenga pagare qualcosa prima per non dover spendere di più dopo: una “tassa globale” sarà inevitabile. Ma lo è molto meno il come. Le opzioni di fondo sono tre: (a) aumentare l’effetto libero mercato, cioè aprire di più le frontiere per aumentare le esportazioni dei poveri che così si capitalizzano velocemente e “naturalmente”; (b) costruire gli elementi iniziali di un welfare mondiale generando un diritto universale a garanzie economiche, ambientali e mediche veicolate dall’Onu; (c) usare il G8 come strumento selettivo che fornisce risorse a leader utili dei paesi poveri in cambio di loro azioni di ordinamento locale e regionale. La prima è la più efficace, ma ha tre difetti politici. E’ poco spettacolare sul piano morale. In casi come l’Europa l’apertura implicherebbe rivolte degli interessi protetti, motivo per cui preferisce erogare aiuti diretti: l’eurobuonismo è un risparmio. Il privilegio esportativo di un paese poverissimo tende ad essere usato da uno emergente più evoluto, aggirando così la regolazione “antidumping”. La seconda è molto spettacolare – tipo la conferenza internazionale di Monterrey del marzo scorso - e permette di condizionare la burocrazia internazionale con poco costo (un rolex, un rimborso viaggio in più, ecc.). Ma è pericolosa perché veicolo di proposte distorcenti, tipo la tassazione del ciclo finanziario globale a favore di una redistribuzione mondiale. Quindi verrà usata solo per scopi pubblicitari. La terza è la migliore sul piano del controllo, ma ha due problemi: legittimità morale e accordo tra i ricchi di usare in forma più integrata i (tanti) aiuti che già stanziano per loro specifici interessi nazionali. Alla fine la formula sarà un mix tra le tre opzioni, ma il punto critico riguarda il raffinamento strategico del G8. Che probabilmente, iniziato a Genova, continuerà nel prossimo vertice in Canada.