L’America deve combattere, l’Europa pensa di sfangarla, ma è un’illusione

 

Di Carlo Pelanda (16-2-2002)

 

 La crescente differenziazione tra europei ed americani in merito alla condotta della guerra al terrorismo non dipende solo dalle note diversità di vedute, ma ha un nuovo motivo. Washington, dopo le informazioni raccolte dai prigionieri  e da un intelligence più penetrante, ha buone ragioni per valutare un attentato nucleare o biochimico sul suo territorio come un “pericolo in atto”. Non può azzerarlo con Maginot difensive perché aggirabili. Né contenerlo con un apparato solo dissuasivo perché i possibili attaccanti non sono simmetrici sul piano della razionalità negoziale come, per esempio, lo furono i sovietici. Quindi non può far altro che eliminare, preventivamente e globalmente, la minaccia alla fonte: rimuovere i regimi ostili negli Stati con capacità proliferative, evitare che questi ed eventuali altri le forniscano a gruppi estremisti islamici; da annientare comunque e dovunque.  Non è, come scritto da qualche frettoloso, una svolta imperiale ed imperialistica, ma una necessità. Gli scenaristi di ambedue i continenti sanno che un’offensiva può svegliare can che dorme o far scattare prima la belva appostata, cioè anticipare il tentativo di un colpo nucleare o simile. Per gli americani ciò non aumenta il rischio perché sono già bersaglio designato. Per gli europei, invece, è un dilemma. Chi è ostile agli Usa ha l’interesse a non attaccare l’Europa per incentivarla a distanziarsi sempre più dai primi e rompere così la coesione occidentale. Per questo, e per alcune inconfessabili dimostrazioni di aver capito il messaggio, la seconda non è bersaglio né per le organizzazioni del fondamentalismo islamico e palestinesi né per gli Stati proliferanti come l’Iran e l’Iraq. Ma se gli europei si agganciassero all’offensiva americana diventerebbero un obiettivo più facile da colpire, per difetto di presidio e presenza diffusa di islamici, che non l’America agli occhi di chi, perso per perso, troverebbe razionale una contromossa disperata. In sintesi, la tentazione europea di mantenere limitata (contro gruppi e non contro Stati, operazioni a bassa intensità e non alta) l’azione antiterroristica è piuttosto forte e comprensibile. Bisanzio deviò, pagandoli, i barbari verso Roma e si salvò. Analogamente, la paura di diventare bersaglio nucleare spiega – in parte – l’attuale picco anomalo di distinzioni, soprattutto francesi, ma pur sottovoce anche di altri. E’ un problema? No, Roma agirà comunque e Bisanzio, volente o nolente, si troverà in prima linea. Per questo è solo apparente il dilemma tra pagare o combattere e sarebbe razionale che gli europei si preparassero meglio alla seconda opzione.