La crisi dipende da
un’Europa mal disegnata
Di Carlo Pelanda (18-8-2003)
Il fatto ed i motivi per cui
Germania, Italia (e Olanda) sono in recessione e l’intera eurozona in
sostanziale stagnazione (il suo Pil complessivo crescerà attorno lo 0,4% nel 2003)
sono noti ed ampiamente commentati. Quindi è il momento di soffermarsi sugli
strumenti utili a stimolare nel più breve tempo possibile una ripresa. E sulla
domanda più cruciale: ce ne sono?
La più tipica manovra espansiva con effetti di breve periodo è
quella di ridurre il costo del denaro. Ma la Banca centrale europea (Bce) non
pare intenzionata a farlo. Perché? La cugina Fed – autorità monetaria americana
– lo ha fatto portando i tassi ad un minimo storico (1%) proprio per fornire
una leva espansiva al sistema in un momento in cui la ripresa stentava. E
qualche effetto positivo lo ha prodotto, anche se meno di quanto ci si
aspettasse in quanto il rilancio degli investimenti dipende più da una ripresa
della fiducia nella crescita futura che non da misure tecniche di politica
monetaria Tuttavia le seconde hanno certamente aiutato la prima. Infatti
l’America sta rimettendosi in moto. La Bce, invece, non si sente ingaggiata
nella missione di stimolo. Da un lato ha formalmente ragione: il suo statuto prevede
il solo controllo dell’inflazione e nessun obbligo “stimolativo”. Dall’altro,
sostanziale, non si capisce questa autolimitazione che priva l’eurozona della
possibilità di avere i giusti tassi in relazione alle contingenze economiche.
La questione implica una modifica genetica di questa istituzione, ma per i
nostri fini il succo della questione è semplice: non aspettiamoci stimoli a
breve da manovre monetarie.
Cosa altro resta? La seconda
misura più tipica è la detassazione veloce ed incisiva. Ma gli eurogoverni non
la vogliono-possono fare per il timore di non poter rispettare i vincoli del
pareggio del bilancio statale posti dal Patto di stabilità. Per altro stanno
tutti studiando (Italia) e annunciando (Germania e Francia) tagli alle tasse.
Ma che avranno effetto – e discutibile vista la poca entità – nel medio
periodo, non nel breve. E al riguardo di un altro tipico strumento di
stimolazione con conseguenze immediate, cioè investimenti pubblici fatti con
spirito d’emergenza? L’idea c’è, ma si cerca il modo di non far figurare tali
investimenti come deficit pubblico. Anche in questo caso i governi sono
bloccati dai vincoli del Patto di stabilità.
Altro non resta che possa
sortire effetti in poco tempo. La considerazione generale è che fa ridere amaramente un modello europeo che non
può operare con i giusti strumenti per rilanciare l’economia pur questi noti e
non difficili da attuarsi sul piano tecnico. Cosa succederà, quindi? Che
l’eurozona dovrà aspettare la ripresa dell’effetto locomotiva dato dalla
crescita americana. Cioè confidare su una ripresa trainata dall’esterno (più
esportazioni) per incapacità di muovere le cose internamente. La buona notizia
è che l’effetto traino americano ci sarà, che già si sente, e che per fine anno
salverà capra e cavoli. Ma quella cattiva, se ci pensate bene, è che siamo
ridicoli: da soli non sappiamo crescere e se non ci fosse mamma America
saremmo perduti. Da vergognarsi.
Con una complicazione. Molti
invocano irriflessivamente la soluzione più semplice: infischiarsene del Patto
di stabilità e ricorre alla spesa stimolativa in deficit. Ma questo sarebbe
come cadere dalla padella nella brace. L’intera stabilità e credibilità
dell’euro si poggia solo sul rispetto del Patto, altro non c’è. Sarebbe ferale
fare crescita a scapito della solidità della moneta. E allora? Stagnate gente e
pregate che il consumatore americano continui a spendere più di quanto
guadagni. Scusatemi il tono, ma serve a ribadire la situazione surreale in cui
ci troviamo nell’eurozona.
Che è, purtroppo, perfino più incredibile in Italia. Poiché il nostro debito pubblico storico è il doppio di quello degli altri europartner, anche se si rilassassero temporaneamente i vincoli di stabilità noi saremmo gli unici europei (insieme al Portogallo) a non poterne godere. Perché l’obbligo di ripagare annualmente il debito si mangerebbe lo spazio di manovra in deficit che conquisteremmo grazie ad un rilassamento d’emergenza dei vincoli. Nessuno nega che l’euro sia un vantaggio prospettico enorme per l’Italia e per tutti gli altri. Ma, francamente, non si può nemmeno tacere che chi ha disegnato il modello iniziale dell’Europa monetaria, nonché lo statuto della Bce, lo ha fatto veramente male: di fatto la formula ha tolto ai governi gli spazi per le manovre economiche di breve periodo in momenti recessivi oppure stagnanti. Come costruire un auto con lo sterzo che gira da una parte sola e senza acceleratore.
Ma ormai è troppo tardi per
lamentarsi. Il dato storico è che stiamo costruendo l’Europa dell’euro alle
spese di circa il 25% della popolazione europea che si sta impoverendo a causa
delle minori opportunità. Usiamo almeno questa sofferenza indotta da una
politica dilettantesca per cercare di fare meglio nel futuro. Ma cosa? Uno
statuto che dia alla Bce più strumenti stimolativi; una regola di bilancio che
separi l’investimento pubblico (se vero investimento) dal calcolo del deficit
valido per il Patto di stabilità; euroconvergenza verso un modello politico con
minori costi assistenziali e tasse. In qualche anno probabilmente si farà, nel
frattempo grazie America.