La vitalità dell’economia italiana
Di Carlo Pelanda (17-11-2003)
Si tratta solo di una “svoltina” economica per l’Italia, ma è stata una buona sorpresa dopo due anni di economia affaticata e dopo la recessione del primo semestre del 2003. Nei giorni scorsi i commenti hanno messo in risalto che la crescita dello 0,5% del Pil nel terzo trimestre in relazione a quello precedente è risultata essere un dato superiore alle attese. Qui sarà utile capire meglio se ciò indica una tendenza particolarmente forte di ripresa per l’economia italiana o solo di un dato anomalo. Perché negli ultimi dodici anni i dati hanno mostrato una regolarità molto deprimente per il nostro Paese: nei momenti migliori l’eurozona cresce metà dell’America e l’Italia metà della prima. Questa immagine, sintomo di una nostra crisi competitiva strutturale entro un’eurozona stagnante, consiglierebbe di puntare sull’anomalia. Infatti non sono ancora avvenuti dei cambiamenti tali da invertire la tendenza deindustrializzante ed i blocchi alla crescita. Ma il fatto è che tra giugno e settembre l’Italia è cresciuta, pur poco, più di Francia e Germania. Ed è questo dato comparativo specifico che fa pensare: è solo un’anomalia statistica o una sorta di accidente o segno di qualcosa altro?
Un’analisi troppo tecnica
annoierebbe il lettore, ma la si può sintetizzare così. I pessimisti, o i
detrattori politici dell’attuale governo, tendono a ritenere la cosa un
accidente basato sul fatto che dopo due anni di stagnazione e pochi
investimenti qualcuno si è rimesso a ricostruire le scorte ed a spendere qualche soldo. In
combinazione, l’estate scorsa, sia con una percezione di incertezza minore per gli aspetti della sicurezza globale
(fattore deprimente, invece, nel primo e secondo trimestre) sia dell’attesa di
una “svoltona” nell’economia americana e relativo effetto traino. Ma la piccola
fiammata, anzi la scintilla, non durerà. Gli analisti con un pregiudizio
neutrale, invece, notano che l’economia italiana, pur ancora strutturalmente
debole e segnata dal declino, è ancora sufficiente vitale per generare
iniziative, reagire alle avversità adattandosi e cogliere opportunità. Chi
scrive ritiene questa seconda interpretazione più aderente alla realtà anche
perché confortata da altri dati di tipo qualitativo. Per esempio, è vero che le
nostre imprese sono troppo piccole per fare ricerca avanzata, ma si nota che
sono capaci di comprarla dove la si fa e di usarla per innovare processi e prodotti. E’ vero che molte aziende stanno
perdendo quote di mercato sia per problemi di un euro troppo alto sia perché la
concorrenza riesce ad offrire le stesse cose a prezzi più bassi. Ma è
altrettanto vero che queste imprese stanno reagendo con creatività al problema
e cercando nuovi mercati. In sintesi, il dato di sensazione è che la sorpresa
del terzo trimestre non sia solo un’anomalia entro una tendenza piatta, ma
indichi una vitalità delle nostre imprese che sfugge alle statistiche normali.
Se fosse così sarebbe un ottimo segno perché vorrebbe dire che alle prime vere
riforme di efficienza, se combinate con un ciclo esterno positivo sul piano
della crescita mondiale, l’Italia saprebbe rispondere con un “sorpresone” ed
uno “svoltone”. Qui il punto. Non necessariamente riusciremo a crescere di più
e meglio degli altri europei, ma se il governo accelerasse le politiche
stimolative e di riforma avrebbe molto probabilmente una ottima sorpresa in
termini di accelerazione del motore economico. Perché, si ripete, l’Italia
appare molto più economicamente vitale di quanto lo sembri nelle analisi
standard.
Possiamo tradurre
l’ottimismo pur condizionato appena detto in una speranza di svolta vera nel
2004, cioè di crescita che ci rimetta nelle tasche qualche soldo? Finiremo il
2003 con una crescita annua minima tra lo 0,4 e lo 0,6% del Pil, di fatto
stagnanti. Quindi, considerando un ripresa molto lenta del resto dell’eurozona
ed una molto buona (sul 4% annuo) negli Usa, ma meno trainante per lo
svantaggio valutario (euro troppo alto),
nonché la realtà corrente dei diversi settori dell’economia italiana ed
altri dati macroeconomici, possiamo sperare certamente in una crescita del Pil
attorno allo 1,5% il prossimo anno. Ma avremmo un potenziale teorico di almeno
il 2,5%, forse quasi del 3. Ed oltre il 2,5% la crescita fa veramente sentire il
suo effetto positivo diffuso, sotto di questo numero molto meno. Cosa può fare il governo per farcelo
raggiungere? L’annuncio, anche se da realizzarsi non immediatamente e
gradualmente, di un taglio fiscale per imprese e famiglie darebbe una spinta di
grande ottimismo. La conferma e l’accelerazione dei grandi progetti
infrastrutturali metterebbe in moto alcuni settori portanti del nostro sistema.
Lo farà? Qui possiamo solo augurarcelo, ma certamente la sensazione che
l’Italia sia più vitale di quanto si pensi, e quindi più reattiva agli stimoli,
potrebbe dare più coraggio ai nostri governanti: ti prendi il rischio e la
fatica politici di dare uno al Paese, l’Italia risponde con tre. Bisognerebbe
cominciare a capire meglio questa grande nazione.